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 2010  dicembre 24 Venerdì calendario

Ieri intorno alle cinque del pomeriggio la riforma Gelmini dell’università è diventata legge. I senatori lo hanno approvato con 161 voti favorevoli (Pdl, Lega e finiani), 98 contrari (Pd e Idv) e sei astenuti (Udc, Api, Svp e Union Valdotaine)

Ieri intorno alle cinque del pomeriggio la riforma Gelmini dell’università è diventata legge. I senatori lo hanno approvato con 161 voti favorevoli (Pdl, Lega e finiani), 98 contrari (Pd e Idv) e sei astenuti (Udc, Api, Svp e Union Valdotaine). Dibattito con qualche incidente: la capogruppo del Pd, senatrice Anna Finocchiaro, ha interrotto anzitempo la sua dichiarazione di voto per gli insulti che le indirizzavano – incivilmente – i leghisti. Sono state necessarie, per riportare la calma, le scuse di Maurizio Gasparri, capo del senatori Pdl. Nessun incidente e nessuna manifestazione, anche se alcune organizzazioni giovanili hanno annunciato che la lotta contro la riforma riprenderà a gennaio. Per l’entrata in vigore effettiva ci vuole la firma del presidente della Repubblica e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. L’opposizione ancora ieri sperava che il capo dello Stato si sarebbe astenuto dalla firma per via di almeno una contraddizione presente nel provvedimento, là dove si innova la precedente legge Moratti che in un altro articolo si dichiara abolita. A questa aporia si porrà rimedio inserendo una norma correttiva nel decreto cosiddetto Milleproroghe.

Beh, possiamo dire qualcosa su questa riforma alla fine. Cominciamo dall’accusa che gli atenei sono stati di fatto privatizzati.
Ciascuna università sarà governata da un senato accademico, per la parte didattica, di ricerca e di servizi agli studenti; e da un consiglio d’amministrazione, per la parte finanziaria. È prevista poi la figura del direttore generale, che dovrà tra l’altro firmare il bilancio. Nessuna carica potrà essere eterna: il rettore resterà in carica sei anni (un solo mandato) oppure quattro anni rinnovabili (prima la permanenza in carica era sine die). Il direttore generale quattro anni, rinnovabili. Idem per i membri di senato accademico e consiglio d’amministrazione. Il consiglio d’amministrazione, di cui fa parte anche il rettore, è generalmente composto di undici persone, tre delle quali (almeno) devono provenire dall’esterno (due nelle università più piccole). Questo è stato uno dei punti più criticati dall’opposizione: l’ingresso di esterni in un’istituzione che è sempre stata, e ha sempre difeso con grande gelosia, la propria autonomia è stato sentito come un vulnus intollerabile. Dall’altra parte si spiega che l’apertura al territorio dovrebbe permettere all’università di godere anche di finanziamenti privati. Quando si mostrano le classifiche degli investimenti nelle strutture universitarie d’Europa si vede che l’Italia è all’ultimo posto. Però nel conto dei soldi che tengono in piedi le università straniere vengono generalmente computati anche i finanziamenti da privati, che all’estero sono ovvi. Certo, i privati mettono soldi se insegnamento e ricerca hanno un minimo di coerenza con i loro interessi. Questo può essere abietto o può essere sublime: dipende dagli uomini. Penso però che lo spreco di risorse e la pochezza media dei risultati a cui ci hanno abituato le nostre università devono indurci a un minimo di credito verso questo cambiamento. Nella legge, a ogni piè sospinto, si stabilisce che le articolazioni interne degli atenei devono essere attuate senza aggravio di costi per la pubblica amministrazione.

Si dice che la legge non dà abbastanza risorse alle università.
Prima della legge Gelmini, all’Università erano già stati sottratti 1,4 miliardi di euro. In queste settimane il ministro ha recuperato 900 milioni, più altri 100 per il diritto allo studio.

Non è ancora poco rispetto a prima?
I fondi per gli atenei sono 7,2 miliardi per il 2010 e 6,9 miliardi per il 2011. Nel 2007 erano stati 7 miliardi. In questo momento la maggior parte degli atenei ha i conti in rosso e più del 90 per cento dei fondi se ne va in stipendi.

La questione dei ricercatori.
Oggi sono sottopagati, ma con un contratto a tempo indeterminato. Con la nuova legge le assunzioni saranno a tempo determinato (4-5 anni) con la possibilità di un rinnovo per altri tre anni. Alla fine di questi sette-otto anni, per ottenere l’assunzione a tempo indeterminato e diventare “associati”, dovranno ottenere un’idoneità. Chi non ci riesce uscirà dal sistema, ma i suoi titoli avranno valore per altri concorsi pubblici. Ricordo che stiamo parlando di università rimpicciolite, con non più di dodici facoltà. È incoraggiata, o imposta, la fusione tra atenei o corsi di studio.

Gli studenti sono stati lasciati fuori da tutto.
Rappresentanze studentesche elettive sono presenti in tutti gli organi di gestione, compreso il cda (al di fuori degli undici). La commissione che deve valutare il livello dei servizi forniti è formata da studenti e professori. Non è uno scherzo: se il giudizio di questa commissione sarà negativo, il ministero può ridurre o sospendere i finanziamenti. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/12/2010]