La Gazzetta dello Sport, 13 gennaio 2011
Stasera alle 22 gli operai di Mirafiori cominciano a votare il referendum-Marchionne. La tensione è molto alta e i politici non contribuiscono ad allentarla

Stasera alle 22 gli operai di Mirafiori cominciano a votare il referendum-Marchionne. La tensione è molto alta e i politici non contribuiscono ad allentarla. Ieri a Berlino, nella conferenzta stampa tenuta insieme con la Merkel, Berlusconi ha detto questo: «Riteniamo assolutamente positivo lo sviluppo che sta avendo la vicenda con la possibilità di un accordo tra le forze sindacali e l’azienda nella direzione di una maggiore flessibilità dei rappoorti che è molto positiva Dobbiamo dire che ove questo non dovesse accadere chiaramente le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri paesi. Ci auguriamo che la vicenda possa avere un esito positivo» (testo stenografato). La Camusso ha replicato: «A questo punto ci abbiano il problema di capire se il presidente del consiglio sta per caso facendo una gara con l’amministratore delegato della Fiat su chi vuol far più danno a questo paese. Perché oggi ha dichiarato – dall’estero, perché anche questa è una nuova modalità di comunicazione – che se vincesse il no al referendum a Mirafiori la Fiat farebbe bene ad andarsene dal nostro paese. Io non conosco un presidente del consiglio di nessun paese che si augura che se ne vada il più grande gruppo industriale del suo paese, un presidente del consiglio di nessun altro paese che non pensi e non sappia che per lui prima di tutto viene il lavoro per il suo paese e le condizioni di cittadinanza dei cittadini del suo paese e forse con il rispetto che c’è credo che mi piacerebbe che non noi le organizzazioni sindacali i lavoratori della fiat ma che il mondo delle imprese e il mondo della politica oggi dica al presidente del consiglio che se questa è la sua idea del paese è meglio che se ne vada» (testo stenografato). Questo botta e risposta è stato poi arricchito dalle prese di posizione – durissime – di Bersani («vergogna incredibile») e di Vendola («bisognerebbe denunciare per alto tradimento il presidente Berlusconi»). Bonaiuti ha controreplicato: «È la logica di Bersani che fa andar via le aziende: quando la sinistra italiana parla di sindacato segue schemi vecchi di 30 anni e superati in tutta Europa». Vendola ieri è stato a Mirafiori e anche questa visita, per niente sorprendente, ha provocato tafferugli con gli autonomi del Fismic.
• Previsioni?
Maurizio Peverati, della Uilm, insiste nel dire che Marchionne avrà un plebiscito. Io non lo so. Ieri la tensione era altissima. Oggi, per evitare incidenti, i sindacati che hanno sottoscritto l’intesa terranno le loro assemblee informative nella parrocchia del Redentore, poco distante dallo stabilimento. La Fiom invece parlerà dentro Mirafiori. È stata molto contestata la decisione della Fiat di tenere a sua volta assemblee per informare i lavoratori sull’accordo e fornire il suo punto di vista. Quelli della Fiom dicono che i capireparto hanno interrogato gli operai per sapere come avrebbero votato. L’azienda nega.
• Marchionne?
Ha parlato col Financial Times: «La Fiat non intende andare da nessuna parte. Solo se l’Italia non volesse Fiat, se sarà necessario l’azienda andrà altrove con la produzione del Suv prevista a Mirafiori». Sul referendum: «Spero che la maggioranza delle persone comprenda le ragioni dell’accordo».
• Che cosa stabilisce in definitiva questo accordo?
Possibilità di organizzare il lavoro in 18 turni settimanal, giro di vite sull’assenteismo. Il punto che brucia di più è l’impossibilità, per il sindacato che non ha firmato, di avere rappresentanti in fabbrica. Questo, in base alla legge. Se il 51% degli operai voterà sì, la Fiat investirà un miliardo a Mirafiori per produrre dal 2012 280 mila Chrysler l’anno. Se quella maggioranza non sarà raggiunta, Marchionne andrà a impiantare la sua fabbrica in un altro paese. La Fiom, il sindacato che sarebbe escluso dalla rappresentanza, giudica il referendum illegittimo, perché mette in discussione princìpi a suo dire non negoziabili. Vendola ieri l’ha definito una porcata: «Se ti chiedono di scegliere tra cadere per terra con il paracadute oppure senza, è chiaro che scegli di cadere con il paracadute». La Fiom non fa propaganda per il “no”, perché questo solo fatto accrediterebbe una sua accettazione del voto. Il sindacato metalmeccanici della Cgil, in caso di approvazione dell’accordo, tenterà alleanze politiche e la via giudiziaria. Per ora la Camusso, cioè la Cgil nazionale, è schierata compattamente con la Fiom. Dopo il voto però il sindacato nazionale cercherà una via per aggirare posizioni tanto rigide e garantire ai suoi una rappresentanza in fabbrica.
• I politici non potevano far niente?
Il primo a non volere i politici tra i piedi è stato Marchionne. Anche per questo tutta la vicenda è destinata ad aprire una fase nuova e sconosciuta non solo nelle relazioni industriali, ma anche nelle relazioni tra i poteri che ci governano. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/1/2011]