La Gazzetta dello Sport, 27 gennaio 2011
Il vecchio delitto di via Poma (più di vent’anni fa) ha un primo epilogo: è stato condannato a 24 anni Raniero Busco, allora fidanzato di Simonetta Cesaroni, la ragazza ammazzata a coltellate

Il vecchio delitto di via Poma (più di vent’anni fa) ha un primo epilogo: è stato condannato a 24 anni Raniero Busco, allora fidanzato di Simonetta Cesaroni, la ragazza ammazzata a coltellate. Busco oggi ha cinquant’anni, è sposato e ha due figlie. Gli inquirenti lo hanno ripescato per via di un morso al seno sinistro della vittima e di tracce di saliva trovate su corpetto e reggiseno che hanno rivelato un dna compatibile col suo. Alla lettura della sentenza s’è sentito male e ha dovuto sorreggerlo la moglie. I parenti di Simonetta hanno invece espresso soddisfazione per la decisione degli otto giudici della corte d’assise (due togati, sei popolari). «Abbiamo sempre creduto nella giustizia».
• Si sbilanci: sentenza giusta, sentenza sbagliata? Colpevole? Innocente?
Lei ricorda il caso? Una bella ragazza di ventun anni – Simonetta Cesaroni, appunto – che sta mettendo a posto la contabilità dell’ufficio, dove va non più di un paio di volte a settimana e dove lavora da sola. Intorno alle cinque del pomeriggio qualcuno bussa alla porta. A quanto risulta lei gli apre senza problemi. L’uomo che entra tenta di avere con lei un rapporto sessuale e a un certo punto la prende a coltellate. La colpisce 30 volte: sei al volto, tre al collo, sette al torace, otto all’addome, sei al livello genitale. Lei deve essere morta subito perché non ci sono segni di colluttazione. L’assassino pulisce poi l’appartamento con una tale cura che gli inquirenti ci vedranno la mano di un professionista e sospetteranno a lungo del portiere dello stabile, Pietrino Vanacore, morto suicida l’anno scorso poco prima di testimoniare in questo processo. Finito il lavoro – un lavoro lung Simonetta ha perso almeno tre litri di sangue, gli schizzi devono avere imbrattato tutto, pareti vestiti mobili – l’uomo è uscito e ha chiuso la porta con quattro mandate. Aveva intenzione di tornare più tardi per portare via il cadavere. Che venne invece scoperto intorno a mezzanotte dalla sorella di Simonetta, Paola, e dal suo datore di lavoro Salvatore Volponi, uno dei testi più reticenti che si siano visti in un’aula di tribunale.
• Che cosa deduciamo da tutto questo? Dico, relativamente alla colpevolezza di Busco?
Beh, avrebbe aiutato a considerarlo colpevole un profilo psicologico in qualche modo violento. Ma i testimoni ascoltati, su questo punto, hanno concordemente negato. Mai saputo di nessun maltrattamento – neanche per giochi sessuali – da parte dell’uomo. Altra questione: il rapporto tra i due era in forse, c’era tensione? Si sa che lei era presa da lui molto più di quanto lui fosse preso da lui, ma, anche qui, i testimoni dicono che questo va inquadrato in un rapporto comunque all’acqua di rose, nessun dramma, nessuna scenata di Simonetta che potrebbe aver esasperato Raniero.
• L’alibi?
Confusione. Lui prima ha detto che stava con un amico. Poi, quando costui lo ha smentito, ha sostenuto di aver passato quel pomeriggio in garage a mettere a posto la macchina. Sull’alibi, però, non c’è da arzigogolare troppo. A vent’anni di distanza, è difficile essere precisi.
• Non è decisivo questo riscontro del dna?
Forse. L’accusa lo ha considerato decisivo e i giudici anche. Queste tracce di dna sono state trovate sul corpetto e sul reggiseno che indossava la vittima al momento dell’omicidio. Le perizie sono state compiute dal Ris di Parma e il risultato è che le tracce sono compatibili col dna di Busco. Ci sarebbe del dna parzialmente compatibile con quello dell’imputato anche sulla porta della stanza in cui fu ritrovato il cadavere. Il pubblico ministero Ilaria Calò: «È l’unica corrispondenza su 33 mila codici genetici analizzati dal Ris». Nessuna delle 29 persone coinvolte in qualche modo nel delitto ha un dna compatibile con quello ritrovato. Questa prova è rinforzata dalla traccia del morso sul seno sinistro, che sarebbe contestuale al rapporto sessuale, e corrisponde all’arcata dentale di Busco. Si tratta di riscontri impossibili da trovare nel 1990, quando le tecniche di analisi scientifica non erano sviluppate fino a questo punto.
• Lei pensa che Busco sia innocente.
L’insieme non mi sembra ancora così convincente da condannare a 24 anni un uomo. Le tracce sono “compatibili”, ma che il dna sia quello di Busco non si può affermare con sicurezza assoluta. Idem per l’arcata dentaria. Io penso che a questi dati forniti dalla scienza debba poi accompagnarsi una ricostruzione credibile dell’omicidio. Un uomo colto da raptus è poi talmente freddo da pulire tutto con quella accuratezza? Ed è ancora capace di non chiudere in fretta la porta dietro di sé, ma di perdere tempo a dare le quattro mandate? Il movente, in base alle testimonianze, è dubbio. Busco si sarebbe inferocito perché al morso sul seno la ragazza avrebbe reagito, magari con uno schiaffo. Questo è stato supposto, ma non è provato. Mi pare si possa dire che la sentenza è almeno discutibile. Busco grida a tutto il mondo la propria innocenza. Gli avvocati ricorreranno in appello. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/1/2011]