La Gazzetta dello Sport, 22 febbraio 2011
La situazione in Libia è tale che ieri la nostra Aeronautica militare ha allertato al “massimo livello di prontezza” le basi di Trapani e di Gioia del Colle

La situazione in Libia è tale che ieri la nostra Aeronautica militare ha allertato al “massimo livello di prontezza” le basi di Trapani e di Gioia del Colle. A Gioia del Colle ci sono gli Eurofighter, a Trapani gli F16. Il loro compito è quello di impedire qualunque violazione dei nostri spazi aerei. Gheddafi – o a questo punto chi per lui – ha fatto mitragliare da elicotteri Apache un corteo di civili che da Misurata stava marciando sulla capitale. Ha fatto alzare in volo i caccia libici, con l’ordine di bombardare la folla assiepata nelle strade di Tripoli e specialmente sulla via al Gumhuriya, quella che porta alla piazza Verde, dove ieri erano radunate decine di migliaia di persone. Questa operazione avrebbe provocato, nel solo pomeriggio di ieri, quattrocento morti. Due piloti si sono però rifiutati di partecipare al massacro, hanno virato verso Malta e, atterrati con i loro Mirage a La Valletta, hanno chiesto asilo politico.
• Significa che esiste una possibilità di guerra aerea tra l’Italia e la Libia?
Il ministro della Difesa La Russa, che si trova ad Abu Dhabi, ha rilasciato una dichiarazione tranquillizzante: «È tutto nella norma. È vero che non siamo al livello solito, cioè il livello di ieri, ma questo non vuol dire che ci troviamo di fronte a chissà quale avvenimento». In realtà la situazione in Libia sta precipitando: è in rivolta anche Tripoli, il palazzo che ospita il Parlamento e quello dove ha sede il governo sono stati incendiati, fuoco anche a una casa di Gheddafi e a un commissariato di polizia. Nessuno conosce il destino di Gheddafi. Tra tutte le notizie arrivate, quella che ha l’aria di essere più probabile è che il rais sia fuggito da Tripoli, ma che si trovi ancora in Libia, forse a Sebha, come suggerisce un video postato su YouTube.
• Qual è la situazione adesso?
Una rivoluzione apparentemente impossibile all’inizio, e che ancora domenica non sembrava avere troppe possibilità, è da ieri probabilmente vittoriosa, anche se i contorni di questa vittoria sono tutti da decifrare. Il paese rischia di spaccarsi, gli islamici potrebbero prendere il potere, un altro esito è una guerra civile dagli sbocchi imprevedibili fra tribù o regioni . I rivoltosi sono vincenti in Cirenaica, che è ormai sotto il loro controllo. Bengasi, Sirte (città natale di Gheddafi), Beida, Gialo sono nelle loro mani. Gialo è in pieno deserto, a 400 chilometri dalla capitale, e da due giorni è senza acqua né cibo né combustibili. A Shahat i manifestanti sono riusciti ad abbattere un elicottero. Nelle città conquistate, infatti, i rivoltosi si sono impadroniti delle armi custodite negli arsenali. Inoltre, quote sempre più vaste di militari si schierano con i ribelli, contro Gheddafi. Parlo non solo della truppa, ma dei vertici.
• Questo significa che la fine di Gheddafi è vicina?
Tutti gli analisti concordano sul fatto che, in ogni caso, niente sarà più «come prima». L’agenzia di stampa libica Qudpress, rilanciata poi da Al Jazeera, ha scritto che il capo di stato maggiore aggiunto el Mahdi el Arabi sarebbe pronto a un colpo di stato. Parecchie fonti affermano che «l’esercito non esiste più». Gli ambasciatori libici in Cina, Lega Araba, India, Gran Bretagna e Indonesia hanno lasciato il loro incarico, per protestare contro i massacri. Idem il ministro della Giustizia, Mustafa Mohamed Abud Al Jeleil. Il vice-ambasciatore libico all’Onu ha invocato un intervento internazionale contro il genocidio perpetrato da Tripoli e ha chiesto che venga istituita sopra Tripoli una no-fly zone, cioè uno spazio aereo dove è vietato volare. La polizia è fuggita da molti centri urbani, lasciandoli alla mercé di sciacalli e saccheggiatori. Le prime quattro tribù libiche stanno marciando sulla capitale per unirsi alla rivolta.
• Perché ha detto che la rivoluzione potrebbe finire con una vittoria dei fondamentalisti islamici?
La Cirenaica è una zona profondamente musulmana, che ha sempre fortemente criticato l’indifferenza religiosa di Gheddafi. Ieri si sono sentite le voci dei sant’uomini. Per esempio Yussuf el Qaradawi, presidente dell’Unione internazionale dei teologi musulmani: «Il dittatore Muhammar Gheddafi non esiste più. Quello che è successo a Ben Ali e Mubarak succederà anche a Gheddafi. Lasci il potere, si faccia processare dal suo popolo». A Bengasi sono apparse scritte: «Vattene miscredente». Un gruppo di leader islamici ha detto che «rivoltarsi contro Gheddafi è un dovere divino».
• Quanti italiani ci sono in Libia?
Quelli che ci vivono stabilmente sono 1.500. La Farnesina li ha invitati a rientrare. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 22/2/2011]