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 2011  marzo 03 Giovedì calendario

Gheddafi è al contrattacco: ha parlato in televisione per la terza volta e ha tentato di riprendersi una città-chiave, a circa duecento chilometri da Tripoli

Gheddafi è al contrattacco: ha parlato in televisione per la terza volta e ha tentato di riprendersi una città-chiave, a circa duecento chilometri da Tripoli.

Ma non era un leader finito?
Il mondo ne parla come se la sua uscita di scena fosse già compiuta. Ma le cose, a quanto pare, sono un po’ più complicate. Dalla ridda di notizie incontrollabili che arrivano (ieri La Lega libica per i diritti umani ha offerto, da Ginevra, un nuovo bilancio delle vittime, seimila) si può affermare con ragionevole certezza questo: che effettivamente la parte orientale del Paese, diciamo la Cirenaica, è in mano ai rivoltosi; ma i ribelli sono piuttosto lontani dall’obiettivo principale, che è Tripoli e, dentro Tripoli, il rais. Dico il rais fisicamente: finché è vivo o resta in Libia i ribelli non possono cantar vittoria. Tanto è vero che ieri i fedeli del colonnello hanno dato battaglia e tentato di riconquistare qualche posizione. Secondo il “Washington Post” e altri giornali americani da Bengasi un portavoce che si fa chiamare Saadoun avrebbe chiesto l’intervento di truppe straniere contro il colonnello: «Vogliamo attacchi militari mirati contro le milizie di Gheddafi per fare in modo che tutto finisca subito». Gli americani hanno mandato nel Mediterraneo tre navi, la “Uss Kearsarge”, che trasporta elicotteri, la “Uss Ponce”, che ha a bordo munizioni e mezzi da sbarco, e la “Andrid” che ha a bordo blindati. Nelle dichiarazioni dei giorni scorsi, la possibilità di un intervento è stata ventilata, sempre sotto l’egida dell’Onu. Ma dagli accenni o dalle minacce all’attacco effettivo, ce ne vuole. Anche la storia della “No Fly Zone”…

Che cos’è la “No Fly Zone”?
È il divieto a un paese di far alzare in volo i suoi aerei e i suoi elicotteri. Qualunque aereo o elicottero, anche quelli per uso civile. È in pratica la stessa cosa che dichiarare la guerra, perché ci si impossessa del cielo di una nazione. In altri termini: se qualche apparecchio si alza in volo nonostante il divieto, deve esserci qualcuno che lo abbatte. In Iraq venne proclamata nel 1991 (al tempo dell’attacco di Saddam al Kuwait) ed è finita solo il 1° gennaio del 2009. Quindi la “No Fly Zone” per la Libia non è stata, e non sarà, dichiarata. Per passare dalle parole ai fatti ci vuole non solo il consenso russo, forse a portata di mano, ma soprattutto quello cinese, molto restio a interventi in quella zona dell’Africa. Su cui ha evidentemente delle mire, tant’è vero che nel suo discorso di ieri Gheddafi ha fatto esplicitamente riferimento a Cina e India, come prossimi clienti del suo petrolio, visto che l’Occidente lo ha abbandonato.

Che altro ha detto nel discorso?
Ha sostenuto di non avere poteri, «dal 3 marzo 1977 ho dato il potere al popolo, abbiamo vinto l’occupazione italiana e americana e il popolo gestisce il petrolio e i suoi proventi. Io non ho nessun incarico da cui dimettermi». Gli americani avevano accennato alla possibilità che se ne andasse in esilio, e questa è la sua risposta ufficiale. Molti attacchi all’Italia, specialmente per il suo passato coloniale («abbiamo costretto gli italiani a chiederci scusa e ad ammettere i suoi errori»), ma anche per le ultime posizioni prese da Berlusconi: «Berlusconi ha detto che non controllo la Libia? Io gli rispondo che la famiglia Gheddafi è la Libia». Ha ricordato che l’Italia (cioè Berlusconi) è stata costretta a baciargli la mano. La sua lettura dei fatti è la solita: dietro la rivolta c’è al Qaeda. Badi: non è detto che abbia tutti i torti, sapremo come sono andate veramente le cose laggiù non prima di dieci anni. Poi: «i giacimenti petroliferi sono al sicuro, le compagnie se ne sono andate perché hanno paura». E qui l’annuncio che queste compagnie saranno sostituite da quelle cinesi e indiane. Infine, sull’ipotesi di guerra: qualunque attacco avrà come conseguenza milioni di morti. La Lega Araba, ieri, s’è espressa contro l’ipotesi militare, suggerendo di varare la No Fly Zone, lasciando agli arabi il compito di controllarla. Come vede, è in corso una battaglia internazionale per decidere chi deve mettere, eventualmente, le mani sulla Libia.

E sul terreno?
C’è stata questa battaglia a Brega, e le truppe di Gheddafi avrebbero riconquistato l’aeroporto. Ma a un certo punto hanno smesso di sparare perché avevano finito le munizioni. Secondo notizie di ieri sera, i rivoltosi avrebbero poi riconquistato le posizioni perdute. Ma non ci giuri. L’obiettivo ultimo di questa offensiva è Adjabiya, dove c’è un importante arsenale.

Ma quante armi ha Gheddafi?
Una dozzina di siti da cui sparare Sa2 e Sa5, molti sistemi mobili di fabbricazione sovietica, una buona contraerea (radar e missili) per proteggere le coste, duecento aerei (Mirage F1 francesi, Mig 23 e 25, Sukhoi 22 russi). Però è roba degli anni Settanta e Ottanta. Gli americani o le truppe Nato, se intervenissero, dovrebbero sapere come neutralizzarla. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 3/3/2011]