La Gazzetta dello Sport, 10 marzo 2011
C’è una parola chiave che unisce alcune importanti notizie di ieri. Tracce di dna estraneo sono state ritrovate sul retro della maglia che Elisa Claps indossava quando fu uccisa, 17 anni fa, in una chiesa di Potenza

C’è una parola chiave che unisce alcune importanti notizie di ieri. Tracce di dna estraneo sono state ritrovate sul retro della maglia che Elisa Claps indossava quando fu uccisa, 17 anni fa, in una chiesa di Potenza. È dna che coincide con quello del principale sospettato, Danilo Restivo, il quale si trova adesso in Inghilterra dove devono processarlo per l’omicidio di una sarta. Sul corpo di Yara Gambirasio – la tredicenne di Brembate Sopra massacrata da uno sconosciuto – sarebbero stati trovati residui di un dna estraneo a quello della vittima. La notizia, per ora smentita, girava ieri su internet. Per trovare l’assassino gli inquirenti si sarebbero procurati il dna di una quarantina di persone. Ad Avetrana si indaga su una macchia rossa trovata in casa di Misseri: l’analisi del dna servirà a capire se è davvero sangue e a chi appartiene.
• La parola chiave è chiaramente “dna”. Una vaga idea di che cosa sia, ce l’ho. Solo vaga, però.
All’interno di ogni cellula si trovano questi filamenti di un acido che si chiama “desossiribonucleico”, abbreviato in “dna”. Ce ne sono due per molecola, fatti a spirale o a doppia elica destrogira (cioè girano verso destra). Ciascun filamento è unito al suo compagno da una serie di gradini, che si chiamano “nucleotidi”. Questi nucleotidi equivalgono alle lettere di un alfabeto. Quattro lettere in tutto: la A, per Adenina, la C, per Citosina, la G, per Guanina, la T, per Timina. A seconda di come queste lettere si succedono sul filamento (sto enormemente schematizzando) lei ha gli occhi azzurri o i capelli biondi, è alto o basso, è predisposto oppure no a certe malattie. In pratica, la Natura scrive con il dna il suo software. E lo scrive per tutti gli esseri viventi con lo stesso alfabeto. Gli esseri umani esistono forse da duecentomila anni, ma il Dna c’è da qualche miliardo di anni. Abbiamo dna conservati nell’ambra che risalgono appunto a qualche miliardo di anni fa. Il dna è piuttosto robusto in ogni caso. Esposto alle intemperie, può resistere anche diecimila anni.
• Suppongo che ognuno di noi ce l’abbia diverso, che sia cioè una specie di impronta digitale. Di quanto materiale genetico c’è bisogno per esser certi di un’identificazione?
Poco, e infatti nel caso di Yara gli inquirenti si sarebbero procurato il dna dei sospettati di nascosto, probabilmente raschiando i residui organici da qualche bicchiere o magari recuperando qualche cicca. Tuttavia la certezza matematica dell’identificazione non c’è… ehm, dovrei dirle qualcosa sui “satelliti”.
• Che cosa sono?
In un frammento di Dna ci sono sequenze che si ripetono a lungo (il filamento contenuto in una singola cellula, se stirato, può arrivare a due metri) e altre sequenze che variano. Le sequenze ripetute vengono dette “satelliti”. I punti in cui si piazzano i satelliti all’interno del filamento sono casuali, e proprio queste casualità rendono il filamento tipico di un individuo. Tuttavia, non è impossibile che due individui diversi abbiano queste sequenze casuali casualmente disposte nello stesso modo. Le probabilità sono di una su quattro milioni. I periti parlano sempre, infatti, di “dna compatibili”. Nella vita reale le probabilità sono in realtà ancora più basse: bisogna che due individui con i satelliti casualmente disposti nello stesso modo siano implicati nello stesso caso o abbiano avvicinato la stessa persona. Molto, molto improbabile. E tuttavia…
• E tuttavia?
E tuttavia, il dna è ottimo per scagionare qualcuno, ma resta talvolta discutibile per mandare il prossimo in galera. La presenza di un dna estraneo prova che tra vittima e sospettato c’è stato un qualche contatto. Ma non dice ancora se il sospettato è davvero un assassino. Con tutti i Ris di questo mondo, non si può fare a meno dei vecchi capisaldi dell’indagine: il movente, l’arma del delitto, la sequenza del misfatto. Questo il dna non ce lo può dire.
• Restivo non avrebbe ammazzato la Claps?
Gli indizi contro Restivo sono piuttosto pesanti, ma non sarà condannato per il dna, che può solo orientare o rendere più certa la direzione di un’indagine (come l’intercettazione telefonica). Per esempio, l’architettura dell’accusa a Busco (via Poma, cioè Simonetta Cesaroni), tutta incentrata su quel po’ di saliva trovato sul reggipetto, a me pare parecchio traballante. Insomma, le lettere del dna scrivono tante cose. Ma non necessariamente il nome dell’assassino. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/3/2011]