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 2011  marzo 22 Martedì calendario

I raid sulla Libia sono continuati, anche se si ha l’impressione che la coalizione stia frenando. Non ci sono notizie di altri missili scagliati contro le coste, i francesi si sono alzati in volo ma non sembra che abbiano bombardato, idem i danesi e gli italiani che hanno fatto decollare due F16, poi un elicottero e infine tre Tornado

I raid sulla Libia sono continuati, anche se si ha l’impressione che la coalizione stia frenando. Non ci sono notizie di altri missili scagliati contro le coste, i francesi si sono alzati in volo ma non sembra che abbiano bombardato, idem i danesi e gli italiani che hanno fatto decollare due F16, poi un elicottero e infine tre Tornado. Destinazione e obiettivi ignoti. I nostri piloti che hanno volato sulla Libia l’altra sera, nella prima missione, non hanno sganciato nessun ordigno: «I nostri aerei hanno operato nei pressi di Bengasi» ha detto il comandante Gabetta «sentiamo la responsabilità nei confronti di tutti i cittadini italiani e la volontà di aiutare la popolazione libica. L’operazione condotta dai nostri velivoli è servita a sopprimere le difese aeree avversarie. È stata condotta positivamente e i nostri ragazzi sono tornati a casa». I ribelli, attraverso i loro portavoce, hanno ringraziato gli occidentali per i loro interventi, ma ribadito che non chiedono e non vogliono interventi a terra. In altri termini: nessuno deve occupare la Libia.

E Gheddafi?
Sta rintanato nel suo bunker, dove ha invitato un gruppo di ambasciatori e di giornalisti. La visita è servita a confermare che gli Alleati hanno bombardato la residenza di Bab-al-Azizya: gli ospiti hanno visto le macerie e i rottami dei missili. La televisione ha raccontato che l’operazione «è stata condotta dalle forze di aggressione del crociato colonialista». Il Raiss non ha cessato il fuoco: la tv al Jazeera sostiene che per diverse ore è stata bombardata Zintan. Parecchi civili sarebbero stati portati a Misurata per formare uno scudo umano che freni le incursioni degli aerei nemici. Sempre a Misurata, le truppe lealiste avrebbero sparato sulla folla. Gheddafi ha lanciato un appello perché si organizzi una marcia di civili fino a Bengasi, ognuno stringendo in pugno un ramoscello d’ulivo. Decine di tribù mostrerebbo in questo modo l’indole pacifica del colonnello e toglierebbero ogni pretesto «ai nemici che attaccano la Libia e cercano di impadronirsi delle sue risorse». Ieri mattina s’era anche sparsa la voce della morte di Khamis Gheddafi, sesto figlio del colonnello e comandante della 32ma brigata: l’avrebbe ucciso un pilota passato dall’altra parte, sparandogli giovedì scorso nel centro di Tripoli. La notizia è stata subito smentita. In definitiva, ieri la capitale è apparsa tranquilla: negozi aperti, traffico sostenuto. Come nella prima fase della rivolta, il colonnello sta fermo con l’aria di sapere che il tempo gioca per lui.

Com’è possibile?
Potrebbe essere vero. Gli Alleati appaiono parecchio divisi. Ieri è esplosa la questione della catena di comando: Berlusconi ha detto chiaramente che «il comando delle operazioni in Libia deve tornare alla Nato». Frattini ha reso questa posizione ancora più dura: «Se non sarà possibile un passaggio dell’azione militare in Libia sotto il controllo e il coordinamento Nato, dovremo riflettere sul modo per assumere il controllo delle nostre basi», frase contorta che significa: se non arriva la Nato, le basi ve le leviamo. È la stessa linea degli americani e degli inglesi, ma non è la linea di Sarkozy. Il presidente francese vuole che continui ad operare la coalizione, sotto la guida anglo-francese (gli americani, in ogni caso, resteranno defilati in seconda linea).

Perché?
Deve aver calcolato che l’attivismo bellico porta voti, e forse vuole mantenere una posizione preminente per avere più voce in capitolo dopo, quando si tratterà di decidere che fare della Libia senza Gheddafi. Berlusconi invece ha il problema di Bossi, che ha condannato l’attacco: Lega e Pdl supereranno la difficoltà preparando un documento comune. Il Cav deve aver anche percepito che agli italiani la guerra non risulta poi così convincente. Del resto, l’attacco a Gheddafi nega tutta la politica estera seguita finora: con la Libia e con Putin, che l’intervento lo ha condannato. A proposito, se si deve credere alle dichiarazioni, anche il vertice russo è spaccato.

Chi osa opporsi a Putin?
Il presidente Medvedev. In mattinata Putin aveva paragonato la risoluzione dell’Onu a una crociata. Nel pomeriggio Medvedev ha definito “inaccettabile” l’uso della parola “crociata” e ha proposto la Russia come mediatore tra le parti. La Cina ha anche preteso una nuova riunione (in seduta segreta) del Consiglio di sicurezza. È in corso mentre stiamo scrivendo questo articolo.

Ho visto in tv che sono arrivati a Catania i primi immigrati libici.
Hanno detto di esser libici, ma non lo sono. I controlli hanno verificato che si tratta di egiziani. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 22/3/2011]