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 2011  aprile 05 Martedì calendario

Berlusconi e Maroni hanno passato la mattinata di ieri a Tunisi per discutere col presidente del Consiglio e col ministro degli Interni di laggiù la questione degli immigrati

Berlusconi e Maroni hanno passato la mattinata di ieri a Tunisi per discutere col presidente del Consiglio e col ministro degli Interni di laggiù la questione degli immigrati.

Tutto risolto?
No, non è stato raggiunto alcun accordo. Ma oggi Maroni tornerà a Tunisi per continuare la trattativa. Berlusconi si dice ottimista, anzi parla come se l’intesa fosse già stata raggiunta. «C’è un’assoluta volontà di trovare una soluzione. Il ministro degli Interni ha lasciato qui una commissione di tecnici al lavoro e oggi tornerà per le verifiche e per firmare». Il premier parla di «controllo delle coste» da parte dei tunisini e aggiunge che anche con gli altri paesi europei – quelli che la maggior parte dei profughi vuole raggiungere -, benché ci siano problemi, «abbiamo la possibilità di risolvere tutto in modo positivo». Una dichiarazione del premier tunisino Beji Kaid Essebsi, arrivata in serata, non fa capire se l’ottimismo del Cav abbia o no fondamento. Vi si conferma «la comune volontà dei due Paesi di operare per rafforzare ancora di più le relazioni privilegiate che li uniscono … nell’interesse dei due Paesi e dei due Popoli». Sugli immigrati neanche una parola.

Che cosa chiedono i tunisini?
Vi sono tre condizioni irrinunciabili: a) potranno tornare in patria solo i cittadini identificati sulla base delle convenzioni internazionali; b) saranno riaccolti solo coloro che vogliono effettivamente rientrare; c) non saranno tollerate riconsegne di massa. Inoltre Moez Sinaoui, uno dei consiglieri più stretti del primo ministro, ha ammonito che non sarà ammessa nessuna spettacolarizzazione degli eventuali rimpatri «con navi cariche come se trasportassero bestiame». Se guarda bene, sono tre condizioni impossibili da rispettare. Punto a): il modo con cui ogni profugo è stato identificato è altamente contestabile dalle autorità maghrebine. Noi procediamo in fretta, avendo di mira l’espulsione, e la procedura non è certamente quella prevista «dalle convenzioni internazionali». Punto b): chi vuole effettivamente rientrare? Evidentemente nessuno, a meno che – forse - non gli si diano i 1500 euro promessi la settimana scorsa da Frattini. Un gesto che avrebbe forse l’effetto di incoraggiare le traversate. Il punto c) si commenta da sé.

E allora? Gli italiani che cosa chiedono?
Una quota fissa giornaliera di persone da rimpatriare (cento) fornendo l’elenco dei mezzi aerei e navali da utilizzare e, soprattutto, un pattugliamento congiunto delle coste. La difficoltà del pattugliamento congiunto sta nella debolezza tunisina. Mille e trecento chilometri di costa per le quali ci sono solo cinque navi della marina militare (occupate però a sorvegliare soprattutto il confine con la Libia) e cinque pattugliatori che dovrebbero tenere a bada il tratto fra Sfax e Zarzis, 440 chilometri dove più intensa è l’attività dei traghettatori. I cinque sono soccorsi, per i cambi, da tre o quattro corvette della dogana. I turni sono di 24 ore. Per sorvegliare seriamente quella costa ci vorrebbero almeno 15 navi e i tunisini non le hanno.

Che problema c’è? Se si faranno i pattugliamenti congiunti, potremmo metterle noi.
Per loro è una decisione molto delicata. Essebsi, un signore di 84 anni recuperato alla politica perché ha avuto il merito di abbandonare Ben Ali già nel 1994, è un presidente a interim: deve portare il Paese alle elezioni il prossimo 24 luglio e poi uscire di scena. I partiti in corsa sono una quarantina e parecchi di questi lo vedono di malocchio. Affidare una mezza sorveglianza agli italiani può scatenare molte proteste. Credo che dovremo tirar fuori molti soldi per convincerli. E del resto con Gheddafi, per raggiungere un accordo come questo, bisognò trattare per un anno.

Com’è a questo punto la situazione a Lampedusa?
Molto migliorata. Domenica sono stati portati via 3.600 tunisini, ieri altri 700 sono stati imbarcati sulla “Catania”. Ne dovrebbero essere rimasti circa 1.400. Ieri mattina in rada c’era la “Flaminia”, pronta all’ultimo trasloco. Sono però in arrivo altri disperati. Le navi in rotta su Lampedusa sarebbero una decina, mentre ieri si sono registrati sbarchi anche a Pantelleria e in Sardegna. Quanto ai centri dove distribuire queste persone, oltre a Santa Maria Capua Vetere, Caltanissetta e Trapani – che ieri hanno ricevuto i primi contingenti in trasferta da Lampedusa – è notevole lo sforzo della Toscana. Gruppi di profughi sono stati sistemati a Empoli, Firenze, Sesto Fiorentino, Massa Marittima e Gerfalco (nel Grossetano), Campiglia Marittima (Livorno), ecc.