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 2011  aprile 13 Mercoledì calendario

È passato un mese da Fukushima (11 marzo 2011), e adesso si apprende che la gravità dell’incidente è uguale a quella di Chernobyl: livello 7, il massimo

È passato un mese da Fukushima (11 marzo 2011), e adesso si apprende che la gravità dell’incidente è uguale a quella di Chernobyl: livello 7, il massimo.

• Che cosa misura questa scala? E che scala è?
È la scala Ines, International Nuclear Event Scale. Il livello 7, il più alto, si assegna quando la fuoriuscita di materiale radioattivo è tale da comportare conseguenze importanti per la salute e per l’ambiente. Il 7, fino ad oggi, se l’era preso solo Chernobyl. A Chernobyl, in Ucraina, il 26 aprile 1986 esplose il reattore numero 4 di quella centrale nucleare. Il nocciolo sprofondò nel suolo per quattro metri. Nell’atmosfera vennero lanciate 20 milioni di curie di materiale radioattivo e una quantità quasi uguale di gas radioattivi inerti. Una quantità di materiali tossici duecento volte superiore a quella di Hiroshima e Nagasaki. Le aree contaminate ospitavano nove milioni di persone. Adesso non ci si potrà tornare prima di 600 anni.

• La situazione di Fukushima è questa?
No. È che la valutazione 6 della scala Ines è insufficiente per descrivere Fukushima: «Incidente grave, con significativo rilascio di materaiel radioattivo che richiede l’attuazione di contromisure pianificate». È troppo poco per quello che è successo in Giappone. Quindi l’annuncio dell’Aiea di Vienna va interpretato in questo modo: Fukushima ha lo stesso voto di Chernobyl, ma non è ancora Chernobyl.

• Potrebbe diventare Chernobyl?
L’Aiea ha spiegato che il livello 7 è stato attribuito a Fukushima «perché la fuoriuscita di radiazioni ha avuto impatto nell’atmosfera, nelle verdure, nell’acqua di rubinetto e nell’oceano». A differenza di Chernobyl non ci sono state esplosioni del nocciolo dei reattori dello stabilimento, anche se si sono verificati scoppi di idrogeno, «In questo senso la situazione è completamente diversa da Chernobyl». La Tepco (la società giapponese per l’energia) ha ammesso però che sono ancora in corso le operazioni per stimare la quantità totale di materiale radioattivo che potrebbe essere stato rilasciato nell’incidente. «Questa quantità potrebbe addirittura superare quella di Chernobyl».

• In altri termini, le dimensioni vere del disastro non possono ancora essere descritte compiutamente?
Le radiazioni fino a questo momento corrispondono al 10% di quelle emesse a Chernobyl e Denis Flory, un esperto dell’agenzia, ha detto che la radioattività nella zona di Fukushima «è in diminuzione. La situazione rimane molto seria, ma ci sono segni di miglioramento». Anche il premier giapponese ha parlato alla popolazione in tono rassicurante: «La situazione si sta stabilizzando passo dopo passo». In ogni caso – per rispondere alla sua domanda – sì, Fukushima è un incidente ancora aperto e le cui dimensioni non possono ancora essere descritte compiutamente. Tanto più che le scosse di terremoto continuano. Ieri ce n’è stata un’altra di magnitudo 6,3, epicentro proprio nella prefettura di Fukushima, con evacuazione dell’area e incendio – subito domato – nel reattore numero 4. La settimana scorsa, un sisma di magnitudo 7,4, epicentro a una quarantina di chilometri dell’area nord-orientale del Giappone, ha fatto oscillare i grattacieli di Tokyo e provocato tre morti e 132 feriti. La scossa ha determinato una perdita d’acqua nella centrale di Onagawa, ma non ha aumentato la percentuale di radioattività nell’ambiente. L’incidente di Fukushima è aperto anche per questo: le scosse continuano e sono anche molto violente.

• Com’è la situazione a un mese dal primo sisma?
I morti accertati sono 12.985. I dispersi sono 14.809. La parola “dispersi” significa che i corpi non sono stati trovati e, presumibilmente, non saranno mai trovati. Migliaia di uomini e donne cercano disperatamente questi cadaveri. Dei dispersi, solo un migliaio appartiene alla zona di Fukushima. Qui, il ritrovamento di un corpo produrrebbe un altro problema, quello della decontaminazione del cadavere prima del riconoscimento. La corrente elettrica è tornata quasi ovunque, le strade principali sono percorribili, si lavora per rimettere in funzione entro un mese l’aeroporto di Sendai. Le centinaia di migliaia di case, barche, macchine, ponti andati in pezzi formano una massa di 30 milioni di tonnellate. È in corso una discussione su che cosa fare di queste macerie. Accumularle tutte in unico posto, ricoprirle e innalzare un monumento all’implacabilità della natura e all’arroganza umana? Affidarle ai singoli comuni, perché le recuperino e le riciclino? Ci vorranno molti anni anche solo per disfarsi di questi rottami. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 13/4/2011]