vanity, 24 gennaio 2011
Il federalismo fiscale
• Questa settimana dovrebbe passare il decreto attuativo del federalismo fiscale. In pratica: quale quota delle tasse che versiamo allo Stato sarebbe condivisa dai comuni, trasformazione della vecchia Ici in un nuovo tipo di balzello, nuova Tarsu (tassa sui rifiuti), cedolare secca sugli affitti, cioè i padroni di casa invece di cumulare nell’Irpef il reddito proveniente dall’affitto potranno denunciarlo a parte e pagarci su una tassa del 20 o del 23 per cento. Ci guadagnano tutti quelli che hanno un reddito dichiarato superiore ai 28 mila euro l’anno. Questo complesso di norme però, ai primi calcoli, potrebbe imporre un aumento della fiscalità comunale, specialmente nelle città in cui i conti non sono a posto, cioè in particolare nel centro-sud. L’Anci, l’associazione che riunisce i comuni, è contraria all’unanimità. La Commissione bicamerale che deve varare in prima istanza il provvedimento è spaccata esattamente a metà e il voto decisivo è nelle mani dell’onorevole Mario Baldassarre, finiano. Baldassarre, fino al momento in cui scriviamo, ha detto che «il provvedimento così com’è non si vota». Calderoli sta apportando delle modifiche, ma Bossi sa che un federalismo imposto a comuni in larga parte riottosi non ha base politica, non può funzionare e alla fine può costargli molto caro. D’altra parte non può vedersi bocciata per l’ennesima volta la sua creatura. Occorrerebbe un accordo ampio, con tutti quanti, ivi compresa l’opposizione. Tremonti, in un convegno, ha appena fatto l’elogio di Berlinguer, Maroni ha scritto al Corriere della Sera: «Dopo l’abbuffata di culi e tette nel caso Ruby vogliamo tornare alle cose che interessano i cittadini: chiediamo a tutti (maggioranza e opposizione) di deporre le armi e di tornare ad occuparci a tempo pieno di quello per cui siamo stati eletti, affrontare i problemi e risolverli». Sono aperture. Si sa che Bossi ha, tra l’altro, un buon rapporto col Quirinale e sta attento a quello che dice la Chiesa. [Giorgio Dell’Arti]