vanity, 14 febbraio 2011
I magistrati contro Berlusconi
• I magistrati che indagano su Berlusconi hanno chiesto che si proceda contro di lui, e solo contro di lui, con rito immediato, il che significa che, se il gip dirà di sì, il premier dovrà difendersi in aula tra poche settimane dall’accusa di aver sedotto la minorenne Ruby e di aver favorito la prostituzione minorile. I suoi avvocati hanno qualificato l’iniziativa di incostituzionale e lo stesso Cav ha ribadito più volte che la Procura di Milano è un centro eversivo, che agisce politicamente e ha l’unico scopo di sovvertire il responso popolare. Venerdì il capo del governo è andato da Napolitano, a spiegare le sue ragioni, e i giornali hanno riferito questo colloquio forzando le supposte parole del premier: sembrava che il presidente del Consiglio avesse minacciato il presidente della Repubblica di ricorrere alla piazza se il Quirinale non lo avesse esplicitamente appoggiato contro i giudici. Così il capo dello Stato ha emesso sabato un comunicato di chiarimento: non solo se avesse manifestato una simile intenzione Berlusconi sarebbe stato messo alla porta, ma occorre invece «uno sforzo di contenimento delle attuali tensioni in assenza del quale sarebbe a rischio la continuità della stessa legislatura». Cioè, Napolitano avverte che se la guerra guerreggiata tra le istituzioni non finisce egli potrebbe, con iniziativa mai presa in precedenza, sciogliere le camere d’imperio, senza aspettare la crisi di governo. È seguito dibattito tra i tecnici: questa mossa è ammessa dalla nostra Carta? Che succederebbe se Berlusconi si rifiutasse di controfirmare il decreto di scioglimento? Intanto, domenica, migliaia di donne hanno riempito le piazze di 230 città italiane e di parecchie città straniere, chiedendo al Cav di togliersi di mezzo. Manifestazioni in difesa della dignità femminile, a cui il Cav ha risposto: «È stata una mobilitazione faziosa, una vergogna. Le dimissioni sono una proposta irricevibile, non ho tradito né il mandato elettorale né le riforme». Tra i molti striscioni inalberati da queste donne – la cui parola d’ordine era “Se non ora quando?” – da segnalare quello visto a Bari e che recava un perentorio: “Mo sbarack” assonante con la crisi egiziana. Domenica si è anche conclusa a Milano, con un duro discorso di Fini contro il premier, l’assemblea fondativa di Futuro e libertà. [Giorgio Dell’Arti]