vanity, 26 luglio 2004
Pesci e coralli distrutti dall’uomo
• Esistono i pesci-pagliaccio o i pesci-damigella, molto adatti a stare negli acquari e a far fare bella figura ai padroni di casa. Li si caccia spruzzando di sostanze al cianuro le barriere coralline: quelli restano storditi, si fanno prendere e poi muoiono per danni epatici quando stanno in casa del cliente. Se il pesce è stato catturato con metodi meno letali, costa di più. I guadagni sono alti: pesci delle Maldive destinati agli acquari fruttano 500 euro al chilo, se destinati all’alimentazione 6 euro. Coralli vivi: 7000 euro a tonnellata, ma solo 60 se il materiale è destinato all’edilizia. Lo Sri Lanka incassa ogni anno 5,6 milioni di euro dalla vendita di pesci per l’acquario, dando da lavorare a 50 mila persone. Naturalmente sono in pericolo sia i coralli che i pesci: ogni anno si raccolgono 12 milioni di madrepore e coralli vivi, e 20 milioni di pesci tropicali, appartenenti a 1500 specie. Le barriere coralline sono un elemento essenziale di tutto il nostro ecosistema.
• Il 90 per cento dei tonni è già stato distrutto dalla manìa, diffusa ormai in tutto l’Occidente, di mangiare sushi e sashimi. Ogni giorno nel mondo solcano il mare per prender tonni 23 mila navi da oltre 100 tonnellate di stazza, dotate di sistemi gps e radar, e di tutto quel che serve. Il fatto è che la fauna è talmente scarsa che nove navi su dieci tornano in porto mezze vuote (in India si rimedia alla carestia cacciando i delfini: 300 mila esemplari ammazzati l’anno scorso). Altri calcoli dicono che la pesca dei bluefins (tonni pregiati) rende ormai come il narcotraffico.
• Nel Pacifico non circolano ormai più di un centinaio di balene grigie. Di queste, le femmine in grado di riprodursi sono 23. La specie è a un passo dall’estinzione. I cacciatori più accaniti e più sordi ad appelli e divieti sono i giapponesi. [Giorgio Dell’Arti]