vanity, 26 dicembre 2004
Lo tsunami nell’oceano Indiano
• L’onda è stata provocata da un terremoto del nono grado della scala Richter, verificatosi in fondo al mare, con epicentro a nord di Banda Aceh (Sumatra). Il sisma è stato poco avvertito a terra, se non a Banda Aceh e nelle isole Andamane. Questi luoghi, quando poi è arrivata l’onda, erano già stati distrutti dalla scossa. Nella città di Meubaloh, rasa al suolo, stava celebrando messa padre Ferdinando Severi, che predicava in quelle regioni da 12 anni. Sono scomparsi dalla faccia della Terra gli Jarawa, gli Shompens, i Sentinelesi e gli altri membri delle tribu pigmee delle isole Andamane, qualche migliaia di persone in tutto. Erano gli ultimi rappresentanti di una civiltà paleolitica di cui avevano conservato, attraverso migliaia di anni, credenze, lingua, modo di vivere. Proprio per proteggerli dalla contaminazione con la civiltà moderna sulle Andamane era stato vietato lo sbarco a chiunque. Nella classifica dei terremoti degli ultimi cento anni, questo di Sumatra è il quarto per violenza.
• Il mare sollevato dal terremoto si è poi mosso verso la costa con onde che viaggiavano inizialmente almeno a cinquecento chilometri l’ora. Questa velocità è man mano diminuita, ma, rallentando, il mare s’è gonfiato e quando, a partire dalle otto del mattino, ha raggiunto la costa, le onde erano alte dieci-quindici metri, cioè come una nostra palazzina di tre piani. Erano più onde e arrivavano una dopo l’altra. Le coste laggiù sono piatte e l’acqua è facilmente penetrata all’interno, anche per un chilometro. Molta gente era in spiaggia a fare il bagno, gli alberghi si trovano a pochi metri dalla riva, subito dietro ci sono le capanne e i villaggi degli abitanti. Il mare ha ucciso quasi tutti, allagando le coste di Indonesia, Malaysia, Thailandia, Myanmar (Birmania), India, Maldive, Sri Lanka, Bangladesh. L’onda è poi arrivata fino in Somalia, provocando anche qui molte vittime. I paesi con più morti (decine di migliaia ciascuno) sono l’Indonesia e lo Sri Lanka.
• A Patong (Thailandia), il signor Wolfgang, un austriaco di 45 anni che aveva studiato meteorologia in gioventù, ha giudicato “strano” il mare e alle 9 del mattino ha fatto allontanare i 700 ospiti del suo albergo Holiday Inn. Li ha così salvati tutti. Marco Tartaglia, romano, stava facendo surf a Hikkaduwa (Sri Lanka) quando è arrivata l’onda. S’è salvato perché l’ha cavalcata dirigendosi verso il largo, invece che tornare a terra. A terra poi, quando è rientrato, ha trovato la distruzione totale e le rovine di un treno, pieno di passeggeri morti, che il mare era andato a ghermire e scaraventare poi sulla spiaggia. A Penang una bambina di 20 giorni si è salvata perché il materasso su cui dormiva ha galleggiato sulla marea.
• Tra le storie dei morti, impressionante quella di Ermanno Cozzi, raccontata dagli amici che fissavano il suo cadavere sdraiato sulla spiaggia di Arugam Bay: sua madre, nel 1985, era stata uccisa allo stesso modo, travolta dalla frana-alluvione della Val di Seva. Raffaella Piva, di 52 anni, storica dell’arte, ricoverata in ospedale e poi morta per le ferite riportate sulla spiaggia, mentre il marito si è salvato: era all’ultimo giorno di vacanza, aveva fatto acrobazie per passare le feste alle Maldive. Sophia Michi, tedesca, 10 anni, ha perso i genitori a cui s’era aggrappata e che il mare le ha strappato. Karl Nillson, svedese, 7 anni, ha perso anche lui padre e madre mentre il mare lo portava via. Ha poi detto: “Sono stato trascinato in un’altra città”. Era in realtà lo stesso posto di prima (Phuket), reso irriconoscibile dalla devastazione.
• Poiché il 30 per cento dei morti è costituito da bambini, i demografi hanno annunciato che l’onda ha cancellato un’intera generazione. I morti sono sepolti in tutta fretta in fosse comuni oppure bruciati all’aperto, anche se non ancora identificati. Questo significa che migliaia di famiglie in tutto il mondo non avranno neanche la consolazione di accudire alle salme dei loro cari. D’altra parte, la probabilità di infezioni ed epidemie è talmente alta da rasentare la certezza. Esperti di queste cose hanno detto che le disastrose condizioni igieniche di quei luoghi faranno, nelle prossime settimane, più vittime di quante ne abbia prodotte l’onda. Il mondo si è mobilitato per mandare laggiù uomini, denari, medicine: la Banca mondiale stima i danni in 5 miliardi di dollari, che non sembrano molti data la vastità della catastrofe. Un esponente dell’Onu ha accusato gli Stati Uniti di essere avari. Bush ha risposto mostrando numeri che collocano gli Usa ampiamente al primo posto tra i paesi che stanziano soldi per il Terzo mondo. Ma è una polemica tutta politica, che testimonia solo dei pessimi rapporti tra Casa Bianca e Nazioni Unite.
• Può un maremoto simile prodursi anche in Italia? Sì, può. Siamo sopra la faglia che divide la placca africana da quella eurasiatica. Messina, nel 1907, ebbe 100 mila morti soprattutto a causa dell’onda immensa sollevata dal terremoto.
• Nessuno scienziato ha imputato la catastrofe all’opera dell’uomo. La crosta terrestre è costituita da tredici grandi placche – simili a tessere di un mosaico – che di continuo si spostano e si assestano una rispetto all’altra. Ogni placca è a sua volta attraversata da spaccature o faglie, anche queste mobili. Il terremoto del 26 dicembre è stato causato dallo scontro tra la placca indiana (direzione nord-nord-ovest) e quella birmano-cinese. Una delle due placche si è sollevata, l’altra gli si è infilata sotto. L’energia liberata da questo movimento è risultata pari a 23 mila volte la bomba di Hiroshima. La barriera corallina è stata annientata, i danni all’ecosistema (specie scomparse, o che non sopravviveranno alla fine dei coralli) non saranno restaurati forse mai, e comunque non prima di 50-100 anni. L’isola di Sumatra è scivolata di trenta metri verso sud-est, l’asse terrestre si è spostato di 6 centimetri. Questo provocherà un accorciamento di tre microsecondi nella durata dell’anno solare. Nessun effetto pratico, da quest’ultima modificazione, nella nostra vita di tutti i giorni, se non il fatto che tra 26 mila anni sarà necessario correggere il calendario. Se, nel frattempo, non vi saranno altri spostamenti dell’asse e se homo sapiens abiterà ancora la Terra. [Giorgio Dell’Arti]