vanity, 23 aprile 2005
Il secondo governo Berlusconi
• Il secondo governo Berlusconi ha giurato nelle mani di Ciampi sabato sera, 23 aprile, e si è poi presentato in Parlamento per la fiducia martedì 26. Otto novità: è tornato Tremonti, che adesso fa il vicepresidente del Consiglio al posto di Follini, ed è stato allontanato Sirchia, il ministro della Sanità che ci ha proibito il fumo e che presto ci avrebbe imposto la dieta. Al suo posto, Francesco Storace, già governatore del Lazio e battuto alle ultime regionali dal giornalista tv Marrazzo. L’ingresso di Storace, uno dei potenti di An, ha provocato l’uscita dell’altro potente di An, Gasparri, che aveva retto finora il ministero delle Comunicazioni, un posto-chiave specialmente in un gabinetto presieduto da Berlusconi. Al posto di Gasparri è andato Landolfi (sempre An). Altri cambi: sono usciti Marzano (Attività produttive) e Urbani (Beni culturali) e al loro posto sono entrati Scajola e Buttiglione. Giorgio La Malfa (repubblicano) è il nuovo ministro delle Politiche comunitarie, Stefano Caldoro (Nuovo Psi) il nuovo responsabiloe dell’Attuazione del programma di governo. E’ stato creato un nuovo ministero, quello per lo Sviluppo e la coesione territoriale (sarebbe in pratica il Ministero per il Sud), affidato a Gianfranco Miccichè, l’uomo che nel 2001 fece vincere in Sicilia la Casa della Libertà per 61 seggi a 0.
• Il cammino per arrivare al varo del nuovo governo è stato piuttosto accidentato. Lunedì 18 aprile, Berlusconi ha promesso a Fini e a Follini che sarebbe andato da Ciampi a dimettersi. In cambio ha chiesto a Follini una lettera in cui garantiva la partecipazione dell’Udc anche al Berlusconi bis. Ottenuta la lettera, il premier è salito al Quirinale, ma non si è dimesso, “perché tanto – ha spiegato ai giornalisti allibiti (un voltafaccia del genere non s’era in effetti mai visto in tutta la storia repubblicana) – se ho l’appoggio di tutti, come mi garantisce questa lettera, a che scopo fare la crisi?”. A questo punto Fini ha annunciato di avere in tasca le lettere di dimissioni dei suoi ministri e che queste sarebbero state subito presentate se Berlusconi non avesse annunciato le sue dimissioni in Senato e non fosse subito dopo andato a presentarle a Ciampi. Berlusconi ha dovuto piegarsi. E perciò: crisi, consultazioni, nuovo governo e, martedì scorso, verifica finale in Parlamento.
• Anche se Berlusconi ha creato un ministero per il Sud e lo ha affidato a un uomo di Forza Italia (Miccichè), l’alleanza di governo appare oggi spaccata in un asse del Nord, formato da Forza Italia e dalla Lega, che ha in Tremonti il suo simbolo, e in un asse del Sud che vede insieme Fini e Follini e ha il suo simbolo nello stesso Follini: il segretario dell’Udc ha detto che starà fuori dal governo proprio per tenersi libere le mani e la capacità di giudicare. L’Unione del centro-sinistra, che ha abbassato di colpo il tono dei suoi interventi politici (è il fuoco lento a cui dovrebbe arrostire Berlusconi), prevede una caduta rapida anche di questo Berlusconi-bis. Potrebbe allora esserci un governo istituzionale (guidato dall’Udc Casini, presidente della Camera), per approvare la finanziaria e far chiudere la legislatura più o meno nei tempi stabiliti. Il Sole 24 ore ha però calcolato che, se i partiti della Casa delle Libertà andassero al voto in ordine sparso e non uniti in un’alleanza, prenderebbero in tutto 169 seggi: 44 all’asse del Sud, cioè Udc-An-Npsi (che vorrebbero infatti il ritorno al proporzonale) e 125 all’asse del Nord, vale a dire Fi-Lega-Pri. Totale per l’ex Casa delle Libertà: 169 seggi. In questa simulazione (che ha come base di riferimento il voto delle regionali), l’Unione otterrebbe invece 457 deputati, il 72 per cento dell’Assemblea. Prodi sarebbe talmente forte da non aver bisogno, per governare, neanche dei voti di Bertinotti. [Giorgio Dell’Arti]