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 2005  luglio 07 Giovedì calendario

Attentato alla metro londinese

• Oggi terroristi hanno fatto esplodere tre vagoni della metropolitana di Londra e un autobus rosso, a due piani, di quelli che andranno in pensione l’anno prossimo. Ottanta morti e trecento feriti, fino al momento in cui scriviamo. La contabilità delle vittime è comunque incerta: la polizia dà le notizie con lentezza, non ha permesso di scattare troppe foto, tiene volutamente un profilo basso, giovedì mattina ha sostenuto per un paio d’ore che la metropolitana era ferma per un guasto elettrico. Tra i dispersi c’è un’italiana di 31 anni, di nome Benedetta Ciaccia.

• La ricostruzione più probabile dell’attentato è questa. Il gruppo degli attentatori era formato da quattro persone. Il piano prevedeva di far esplodere alle 8.51, più o meno alla stessa altezza, due treni della linea gialla e uno della linea viola. Si immaginava poi che la polizia avrebbe fatto evacuare i passeggeri soprattutto attraverso la stazione di King’s Cross, che è il punto dove si raccordano sette delle dodici linee della metropolitana. Qui, pensavano gli attentatori, ci sarebbe stata una gran folla e l’esplosione dell’autobus 30, se fatta al momento giusto, avrebbe potuto provocare la vera strage. Il piano ha perfettamente funzionato all’interno della metropolitana (detta dai londinesi “tube”): tre terroristi hanno preso a King’s Cross le linee 204, 216 e 311. Hanno lasciato tra i sedili uno zainetto pesante non più di tre chili e contenente esplosivo al semtex. Sono poi scesi prima che passassero i quattro minuti previsti. Il quarto terrorista ha preso posto sull’autobus numero 30, al secondo piano. Qui, però, qualcosa non ha funzionato: l’ordigno è esploso in Tavistock Square, prima di arrivare a destinazione. I resti di questo quarto uomo sono in mano alla polizia che, ai fini delle indagini, li considera i reperti più preziosi.

• Le analogie con l’attentato di Madrid, che fece vincere le elezioni a Zapatero, sono numerose e gli inquirenti pensano che la mente organizzativa sia la stessa. Anche la rivendicazione, fatta su Internet dalle brigate di Abu Hafs al Masri, è identica. Per inciso: alle brigate Abu eccetera non corrisponde niente. Si cerca dunque in direzione di un gruppo di marocchini, che viva a Londra e abbia collegamenti con la Spagna. L’opinione generale è che atti come quello di Londra siano stati organizzati non dalla sede centrale di Al Qaeda (Pakistan?), quanto da simpatizzanti locali, quasi degli inglesi-musulmani, difficili da prendere anche perché perfettamente mimetizzati nella popolazione locale. A Londra, di uomini così, ne vivono un milione, su una popolazione di 11 milioni e 220 mila abitanti. Si tratta naturalmente, in massima parte, di gente pacifica, famiglie che in Inghilterra hanno trovato quel minimo di benessere, la città ha costruito per loro un centinaio di moschee e fa uscire ogni giorno due quotidiani in lingua araba. Ma in questo mare nascondersi (e nuotare) è facile.

• Tra i dispersi, la romana Benedetta Ciaccia, 31 anni, campeggia sulle prime pagine dei quotidiani inglesi. fidanzata con un musulmano, dovrebbero sposarsi il prossimo 11 settembre. Inutile sottolineare quanto piacciano ai giornali e al pubblico queste combinazioni. Il fidanzato si chiama Fiaz Bhatt, ha 29 anni, è pakistano. Purtroppo, Benedetta è una ragazza ordinata e precisa. Avrebbe certamente telefonato per dire “tutto bene” e raccontare magari quel che aveva visto. certo che ha preso come sempre il treno a Norwich, per raggiungere gli uffici della Pearson, nella City. Qui però non l’hanno vista. Il fidanzato e i genitori non li ha ancora chiamati.

• Le pagine sono piene di foto sovrastate dalla parola “missing”. “To miss” in inglese significa “smarrire”. Cartelli con foto e quelle sette lettere scritte a caratteri gigante si vedono ovunque.

• Ha fatto il giro del mondo, diventando il simbolo dell’attentato, la foto della donna con una maschera bianca sul volto e un ragazzo che le cinge le spalle e la aiuta ad attraversare la strada (in certi scatti si vede che lei è a piedi nudi). Lui si chiama Paul Dadge, ha 28 anni, fa il project manager per Aol, e stava su un treno che seguiva uno di quelli esplosi. Sceso a King’s Cross, s’è messo ad aiutare i feriti. entrato a Marks & Spencer, dove avevano allestito una specie di infermeria, e s’è procurato un po’ di bende. Poi, uscito fuori, ha visto questa donna seduta per terra, senza scarpe, il viso ustionato, lacerazioni sulla nuca, bruciature sulla gamba destra. Lei gli ha detto di chiamarsi Davinia, Lui le ha spalmato sulla faccia una pomata per le ustioni e le ha coperto il viso con una mascherza di garza antisettica. Mentre l’accompagnava verso l’hotel Metropole, per farla sdraiare, i fotografi hanno cominciato a scattare.

• La Santa Sede ha rischiato un incidente diplomatico grave: il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano ha scritto una lettera di cordoglio al cardinale Murphy O’Connor, vescovo di Londra, in cui si deploravano questi “atti antiumani e anticristiani”. Il testo è stato subito corretto e la parola ”anticristiani” è sparita. Però, è una spia dell’angoscia con cui la Chiesa vive questo momento.

• Opinione diffusa che il prossimo attacco riguarderà il territorio italiano: siamo amici degli americani, abbiamo truppe in Iraq e al Qaeda ci considera – con i polacchi – alla stregua di invasori. Inutile dire che è impossibile tenere sotto controllo i 14 mila punti sensibili individuati dal nostro ministero degli Interni. Si parla di creare una struttura centralizzata che coordini tutte le indagini, oggi portate avanti in un accavallamento caotico di competenze, in cui ciò che viene scoperto qui è totalmente ignorato da chi indaga lì. Il guaio è che ad ogni sottostruttura corrisponde un centro di potere che è sempre risultato quasi impossibile armonizzare con gli altri. La Lega vuole che si proclami lo stato di guerra, votando in Parlamento secondo quanto previsto dall’articolo 78 della Costituzione (“Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”). un’esagerazione che non ha trovato credito neanche tra gli alleati di Bossi. I musulmani pericolosi in Italia sarebbero 300-350 e, tra questi, sarebbe prudente espellerne una settantina. Correzioni alle leggi esistenti e decreti per render la cosa possibile sono in preparazione. Berlusconi ha anche detto che 300 dei 3300 militari di stanza a Nassirya a settembre saranno rimpatriati.

• Tra le notizie più sconcertanti che hanno preceduto l’attentato, l’impennata del prezzo dell’oro, bene rifugio tipico dei periodi di incertezza, inesplicabilmente in salita per tutta la settimana precedente il 7 luglio. Le bombe hanno provocato un ribasso, invece, nel prezzo del petrolio, che nei giorni precedenti il 7 luglio aveva superato i 61 dollari. Le Borse hanno in genere tenuto bene, ma per quello che riguarda il petrolio si continua a dire che il prezzo arriverà a 80-90 dollari il barile (i 30 dollari del 1973 corrispondono a 76 di adesso)

• Neanche 24 ore dopo l’attentato, Birmingham, seconda città inglese, è stata evacuata in tutta fretta, all’ora di cena. La polizia non ha fornito spiegazioni, così come ha fatto fin dal primo momento. La regina, Carlo e Camilla sono andati a trovare i feriti in ospedale. In generale, le istituzioni britanniche e gli abitanti di quel paese – che provengono ormai da 170 nazionalità diverse – hanno dato al resto del mondo un’impressionante lezione di compostezza e sobrietà.

• Una signora bionda, di 40 anni, di cui non è stato reso noto il nome, andando a prendere la sua bicicletta parcheggiata tra altre centinaia alla stazione di Portogruaro, ha fatto cadere da sotto il sellino un piccolo cilindro metallico, grande come un accendino e con una linguetta sporgente da una parte. Se schiacciata, per esempio da una persona che sale in sella, la linguetta avrebbe fatto esplodere il piccolo cilindro, che era infatti una bomba. Gli inquirenti giurano che l’attentatore è Unabomber, che aveva già fatto saltare in aria con questo sistema una bicicletta parcheggiata all’esterno del cimitero di Motta di Livenza. Se è vero, si tratta della sua trentatreesima impresa. [Giorgio Dell’Arti]