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 2005  settembre 19 Lunedì calendario

Casini e il sistema elettorale

• La destra italiana, o per meglio dire Casini e la sua Udc, hanno tentato la settimana scorsa di cambiare il sistema elettorale depositando una legge che reintroduce il proporzionale, mette uno sbarramento del 4% (se non si prende almeno il 4% dei voti non si va in Parlamento), dà un premio di maggioranza alla coalizione che ottiene più voti in modo che occupi in ogni caso il 55% dei seggi e considera uguali a zero i voti ottenuti dalle formazioni che stanno sotto il 4%. Con questo sistema, il centrosinistra perde di sicuro perché il suo vantaggio di nove-dieci punti sul centrodestra è appunto prodotto da una selva di partitini che supera a stento il 3 per cento. Depauperata di questi consensi, la coalizione di Prodi andrebbe al 41-42 per cento, cioè perderebbe contro il 44-45 del centrodestra. Ci si può immaginare quale reazione abbia suscitato la proposta di una simile riforma: i partiti di sinistra hanno annunciato l’ostruzionismo globale su tutta l’attività del Parlamento, Casini è diventato il bersaglio di tutte le forze politiche di sinistra (molti hanno detto: “S’era guadagnato una certa credibilità come presidente della Camera super partes, adesso l’ha persa tutta”), l’idea è stata alla fine travolta da un’ondata di vignette e di sghignazzi, l’ultimo provocato da Benigni che, nella notte bianca voluta da Veltroni sabato scorso a Roma, ha annunciato di essere appena tornato da Palazzo Chigi dove aveva concordato una riforma elettorale che prevede la vittoria per chi prende meno voti. Alla fine pare che la riforma di Casini-Follini sarà ritirata e che non se ne farà niente (anche se D’Alema vedrebbe bene almeno l’abolizione delllo scorporo).
Può sembrare assurdo, ma la faccenda ha portato acqua al mulino di Berlusconi: il premier ha detto che la riforma era un’idea di Casini, che si guardava bene dall’imporla all’opposizione, che cambiare il sistema elettorale non si può senza un accordo di massima tra tutti, ecc. Risultato: Casini e Follini, i due avversari del premier, alla fine sono usciti indeboliti. [Giorgio Dell’Arti]