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 2005  ottobre 31 Lunedì calendario

Gli Usa e il Ciagate

• Dai tempi del Watergate (1972-1974), qualunque scandalo americano che tocchi la Casa Bianca prende il suffisso -gate, parola altrimenti innocente che significa “cancello”. Adesso campeggia sui giornali il “Ciagate”, cioè uno scandalo che colpisce Bush attraverso la Cia. A noi italiani, a dir la verità, non sembra affatto un affaire così scandaloso: un signore, che si chiama Irving Lewis Libby e che di mestiere fa il braccio destro del vicepresidednte Richard Cheney, è stato incriminato dal procuratore federale di Chicago, Patrick Fitzgerald, per aver ostacolato la giustizia, mentito sotto giuramento e depistato indagini fornendo false informazioni. Che indagini? Le indagini su un agente segreto, la signora Valerie Plame, la cui identità qualcuno rivelò al New York Times, bruciandola. Perché questa mossa, di aver rivelato l’identità, è così grave? Perché nel 2003 Valerie Plame, nella sua veste di funzionario della Cia, mandò il marito Joseph Wilson IV, di professione diplomatico, in Nigeria, a indagare sull’acquisto di uranio da parte di Saddam. Con l’uranio Saddam poteva fabbricare la bomba atomica. Questo rischio venne sbandierato da Bush come un’ottima ragione per far la guerra. La Cia, il cui capo era un clintoniano, era contraria alla guerra. Wilson tornò con le prove che la faccenda non stava minimamente in piedi e l’amministrazione Bush – si direbbe – si è vendicata facendo fuori l’agente segreto Plame, nel modo classico con cui si fanno fuori le spie: rivelando che sono spie. Particolari gustosi di contorno: il dossier sull’uranio nigerano venne preparato dal Sismi, con carta intestata dell’ambasciata di Nigeria che era stata rubata nella sede italiana di quel paese. La giornalista del New York Times che ha rivelato il nome dell’agente Plame – cioè Judith Miller – dopo essersi fatta tre mesi di galera per proteggere la sua fonte, adesso è nei guai col suo giornale, che l’accusa di frequentazioni troppo amichevoli coi potenti del paese (al New York Times c’è uno statuto in base al quale il giornalista che si fa offrire il pranzo da un politico è licenziabile in tronco). Anche se i giornali hanno pompato il caso a tutta forza, l’inchiesta ha lasciato fuori il vero pezzo da novanta, che è Karl Rove, l’uomo che ha fatto vincere Bush quattro volte (l’ultima, trionfalmente). Libby, che rischia dai 25 ai 30 anni di carcere e una multa di un milione e 250 mila dollari, patteggerà per evitare che un processo faccia uscire fuori verità ancora più sgradevoli sulle bugie dette dall’amministrazione per invadere l’Iraq, e magari sulle collusioni tra la famiglia Bush (padre e figlio) e lo stesso Saddam. [Giorgio Dell’Arti]