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 2005  novembre 13 Domenica calendario

La rivolta francese

• Ad oggi, il bilancio della rivolta francese era questo: 400 milioni di danni, 160 municipalità colpite, 7000 automobili incendiate, 2500 arresti, fra cui 450 minori. Il coprifuoco adottato a Parigi e in un’altra decina di centri ha contribuito allo scemare dei disordini. Sabato scorso il centro di Parigi, dove era stato proibito qualunque assembramento, era presidiato da migliaia di poliziotti. C’era anche Sarkozy, il ministro dell’Interno, che ha ripetuto in tv il suo insulto ai rivoltosi: racaille, cioè feccia. I tribunali sono già in funzione, un centinaio di sentenze sono già state pronunciate, i condannati – fino a un massimo di sei mesi – finiscono in carcere per distruzione o tentata distruzione di beni altrui e detenzione di materiale esplosivo. La condizionale viene applicata poco: i giudici fanno in modo che chi ha fatto qualcosa patisca almeno un mese di cella. I calciatori francesi, ma discendenti da immigrati, Trezeguet, Thuram, Gallas, Makelele, Govou, che sabato sera hanno indossato la maglia della Nazionale per incontrare in amichevole la Germania (0 a 0), non hanno cantato la marsigliese: le tv hanno inquadrato le loro bocche cucite. Però il pubblico non ha fischiato (come avvenne in un memorabile Francia-Algeria del 6 ottobre 2001) e non ci sono stati incidenti. In tutto il mondo intellettuali ed editorialisti forniscono ogni sorta di interpretazione alla rivolta della banlieue, compresa quella che dietro vi sia Al Qaeda e che i disordini vadano letti sullo sfondo del più generale scontro, in atto ora, tra Islam e Occidente. La spiegazione più semplice – che si tratti di povera gente, che sente di subire ogni sorta di ingiustizie, compresa quella di essere considerata dai veri francesi come racaille – non ha poi tutto questo seguito. [Giorgio Dell’Arti]