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 2005  dicembre 13 Martedì calendario

Gianpiero Fiorani in prigione

• Poco prima di mezzanotte, un’Alfa 156 senza insegne ha imboccato la via Donizetti a Lodi e ha parcheggiato davanti a una villa tutta illuminata, circondata da un piccolo parco. Ne sono scesi quattro uomini in giacca e cravatta che si son fatti largo tra la folla in attesa davanti al cancello. Dentro li aspettava Gianpiero Fiorani, già amministratore delegato della Banca di Lodi poi divenuta Banca Popolare. Vestito di tutto punto, cappotto e sciarpa al collo, valigia pronta da almeno tre ore, tutti i parenti intorno a fargli coraggio e a piangere. I quattro uomini – erano finanzieri – lo hanno scortato fino all’auto e poi, sempre senza sirene e senza insegne, lo hanno portato da via Donizetti, Lodi a Milano, San Vittore. Qui Fiorani è stato presentato al suo compagno di cella che gli ha impartito le prime, essenziali lezioni di comportamento in carcere.

• Da parecchi giorni ormai Fiorani, che adesso è imputato di associazione a delinquere, stava raccontando ai pubblici ministeri milanesi i retroscena della fallita scalata alla Banca Antonveneta. Stava dicendo di essere a capo di una rete di uomini potenti (soprattutto politici e banchieri) addetti al saccheggio della Banca di Lodi mediante informazioni riservate, operazioni all’estero, acquisizioni o vendite fittizie, giochi di Borsa eccetera. Quando queste operazioni finivano male, gli amici di Fiorani interni alla banca ripianavano le perdite aumentando ai clienti le commissioni e altre spese di conto. Bastava per esempio addebitare a un milione di clienti 30 euro di “spese tenuta conto” per incassare 30 milioni di euro, cioè 60 miliardi di lire. Chi di noi bada a quei foglietti che la banca ci manda tutti i mesi? Pochissimi, dicono le statistiche. E chi gioca coi soldi è in genere molto forte sulle statistiche. Fiorani ha detto di aver messo insieme, con questi metodi, un patrimonio personale di 200 milioni di euro (400 miliardi). Ha detto di essere pronto a restituire tutto. E intanto parla, parla molto. Domenica scorsa, per esempio, ha parlato per dieci ore consecutive.

• Almeno 30 persone (ma sono certamente molte di più) avevano alla Lodi dei conti privilegiati. Studiandoli, gli inquirenti si sono accorti che i titolari di questi conti compravano e vendevano titoli guadagnando sempre, cosa che, statisticamente, non è possibile. Anche i magistrati sono forti in statistica e hanno perciò mandato avvisi di garanzia a uno dei titolari di questi conti, che si chiama Giovanni Consorte ed è a capo dell’Unipol, la società assicuratrice che vuole scalare la Banca Nazionale del Lavoro. Consorte è avvisato per “aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza”, ma la vera questione è se abbia fatto parte organicamente di una banda di affaristi che, sotto la guida dei signori Gianpiero Fiorani, Stefano Ricucci, Sergio Billè, Emilio Gnutti e Antonio Fazio, ha cercato di impossessarsi con mezzi illeciti della Banca Antonveneta, della Banca Nazionale del Lavoro e del Corriere della Sera. L’espresso ha messo i sei personaggi di cui sopra in copertina, col titolo “Furbetti fritti”, tremenda citazione di una battuta estiva di Ricucci. intanto naturalmente da provare che questa banda esista davvero (Fiorani sta dicendo ai magistrati di sì), ma intanto capire quello che ha fatto Consorte è essenziale se non altro perché l’Unipol è ancora in corsa per l’Opa su Bnl: aspetta l’autorizzazione della Banca d’Italia e infatti Consorte, che è uomo di D’Alema e dei Ds e sta mettendo politicamente nei guai anche Fassino, negli ultimi giorni ha persino fatto lo spazientito sbattendo il pugno suil tavolo e intimando: “Insomma ci dicano se possiamo lanciare quest’Opa o no, e facciamola finita”. Solo che a dargli l’autorizzazione avrebbe dovuto essere Antonio Fazio, governatore della Banca d’Italia, l’uomo che ha chiuso con le dimissioni questa drammatica settimana. [Giorgio Dell’Arti]