vanity, 2 gennaio 2006
La vicenda Unipol
• La vicenda Unipol è a questo punto: il presidente Giovanni Consorte e il suo vice Ivano Sacchetti si sono dimessi. I magistrati hanno aggiunto alle altre imputazioni quella di appropriazione indebita. Risulta che, all’epoca in cui si potevano far rientrare in Italia i capitali residenti all’estero pagando solo una piccola tassa e restando certi dell’impunità, Consorte abbia fatto tornare cinque milioni di euro, la cui origine non è chiara. Risulta anche che, su conti esteri, a partire dal 1999, Consorte abbia accumulato 50 milioni di euro, cioè 100 miliardi di lire, questi di origine ancora più misteriosa ma comunque pagati in gran parte proprio da Gnutti e Fiorani, i due protagonisti delle scalate estive ora abortite. Consorte ha detto che si tratta di consulenze, rilasciate a Gnutti in occasione della scalata a Telecom del 1999. Nel 1999 il presidente del Consiglio era Massimo D’Alema. Massimo D’Alema definì Gnutti, Colaninno e gli altri della scalata “capitani coraggiosi”. Il professor Guido Rossi, padre dell’Antitrust e primo presidente della Consob, un uomo attribuito senza dubbi alla sinistra, disse allora: “L’unica merchant bank italiana dove non si parla inglese è Palazzo Chigi”. Questi pochi elementi non basterebbero a un magistrato, e neanche a un giornalista, per mettere in piedi un’inchiesta. Sono però bastati a Giuliano Ferrara per scrivere un articolo tremendo (“non ci piace essere presi per il culo”) in cui chiede conto a D’Alema dei 50 milioni di Consorte e fa cadere un sospetto grande così sul leader diessino. La risposta dei Ds, il giorno dopo, è stata talmente debole che Scalfari su Repubblica se n’è lamentato. [Giorgio Dell’Arti]