vanity, 1 febbraio 2010
Stati in difficoltà
• Le Borse, ad onta di un paio di settimane difficili, reggono. Sono invece in grossa difficoltà gli Stati e si teme che la crisi prenda presto l’aspetto di un domino pubblico, dove i fallimenti riguarderanno le nazioni. D’altra parte, i governi non si sono svenati per salvare le mega banche ”too big to fail” (troppo grandi per fallire)? I greci per risolvere il loro problema hanno emesso un bond con l’interesse stratosferico – in questo momento - del 6,25%, andato a ruba il primo giorno e venduto poi in tutta fretta il secondo, da investitori spaventati del loro azzardo. Le previsioni sulla possibilità che la Grecia possa farcela sono infauste, i tedeschi hanno dichiarato ufficialmente che non intendono chiedere ai loro contribuenti di salvare un Paese che, negli ultimi anni, ha persino presentato alla comunità internazionale un contabilità taroccata, costruita a tavolino per nascondere i buchi. La Merkel e Sarkozy non vogliono far la fine di Obama, travolto adesso da un’ondata di impopolarità proprio per gli aiuti concessi a suo tempo alle banche. Dopo la Grecia, che potrebbe ricorrere a una nuova emissione in dracme, resuscitando cioè la vecchia moneta e preparandosi a uscire dall’euro, rischiano Portogallo, Spagna, forse l’Italia (stiamo riferendo pareri raccolti riservatamente al World Economic Forum di Davos). La Spagna prepara tagli alle spese per 50 miliardi, il Portogallo vuole ridurre il deficit al 9% del Pil, l’Irlanda taglierà gli stipendi degli statali del 6%, i cechi vogliono comprimere il deficit/Pil dal 9 al 3%, la Bulgaria sta sfoltendo la spesa pubblica del 15%, la Romania ha organizzato un’austerità che pesa per due punti di Pil, François Fillon, premier francese, «si è detto determinato a prendere misure senza precedenti, per riportare il disavanzo sotto il 3% entro il 2013». Tutto questo non potrà che tradursi in un ulteriore calo della domanda, quindi in una diminuita richiesta di merci, e perciò in difficoltà pesanti per paesi che vivono d’esportazione, come il nostro. [Giorgio Dell’Arti]