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 2010  febbraio 08 Lunedì calendario

Pigs

• Mentre scriviamo (ore 10 del mattino di lunedì 8 febbraio) la Borsa di Tokyo è sotto dell’1% e le Borse europee hanno aperto in declino, secondo una tendenza cominciata mercoledì 3 e che non accenna ad esaurirsi. Gli esperti lo dicono abbastanza chiaramente: la crisi non è finita, siamo di nuovo in mezzo alla tempesta. L’origine di questa tempesta è apparentemente nei quattro Pigs, cioè i paesi maiali i cui bilanci mettono a rischio la stabilità finanziaria europea. Pigs è un acronimo per Portogallo-Irlanda-Grecia-Spagna, nazioni con debiti enormi dai quali non hanno l’aria di poter rientrare facilmente. Mercoledì 3 febbraio i cds che riguardano i titoli pubblici dei Pigs sono triplicati e questo ha dato origine alla valanga. Cds è un altro acronimo che significa Credit Default Swap: si tratta di assicurazioni contro il rischio che una certa obbligazione non dia luogo a rimborso perché la società o il paese che l’ha emessa falliscono. Più alto il rischio, maggiore il costo dell’assicurazione. Quindi se i cds relativi ai bond portoghesi, irlandesi, greci, spagnoli triplicano è perché il rischio-paese di questi pigs è triplicato. Naturalmente la caduta delle Borse ha nuovamente portato in primo piano le storture di cui si parla da due anni e a cui nessuno ha posto rimedio: le banche si sono arricchite rifilando come garanzia alla Bce o alla Fed titoli spazzatura confezionati in quantità addirittura superiore al passato e acquistano in cambio dagli Stati obbligazioni che garantivano interessi superiore. Questo folle giro ha sfondato parecchie casse pubbliche e il rischio che qualche nazione salti per aria, con effeti domino inimmaginabili, è notevole. Il focus è concentrato sui quattro pigs, anche per un abile manovra mediatica dei due principali responsabili del marasma in cui ci troviamo, e cioè gli Stati Uniti e il Regno Unito, con il seguito delle banche regionali tedesche complici di quelle americane nel giocare sulla pelle dei risparmiatori. Costoro vogliono allontanare da sé una responsabilità che è oggettiva e gettare tutta la colpa sull’Europa del Sud, colpevole sì, ma non all’origine dello sfascio globale. Le misure a cui si sta pensando in Spagna e in Grecia (entrambe a conduzione socialista) fanno presagire problemi politici notevoli: innalzamento dell’età pensionabile, taglio degli stipendi agli statali, aumento della flessibilità nei contratti di lavoro. I sindacati di quei paesi sono sul piede di guerra. La Spagna ha il 30 per cento del Pil impegnato su 700 mila immobili non venduti. Il Portogallo ha dovuto rinunciare alla metà di una sua emissione di Bot: i sottoscrittori non li hanno voluti oppure – che è lo stesso – pretendevano di incassare un interesse insopportabile per le casse di Lisbona. L’euro è in caduta a vantaggio del dollaro.

• Alla domanda sul perché l’Italia non faccia parte dei Pigs ci sono due risposte. Primo, il nostro sistema industriale, composto di piccole e medie imprese, è strutturalmente elastico, dunque paga in efficienza durante i periodi buoni, ma resiste poi meglio durante quelli cattivi. Secondo: ad onta del nostro debito pubblico mostruoso (1800 miliardi di euro), le famiglie italiane sono indebitate per appena il 60% del loro reddito. Una percentuale bassa, specie se confrontata con quella degli altri paesi. In Spagna le famiglie hanno vissuto di un’illusione simile a quella che sta portando gli Stati Uniti al disastro e hanno impegnato in acquisti di oggetti non indispensabili il 130 per cento dei loro redditi. L’insieme dell’indebitamento pubblico-privato vede perciò l’Italia in una posizione migliore di quella spagnola e degli altri pigs. Sono considerazioni recenti: la “i” di Pigs un tempo era nostra, e a nessuno sarebbe venuto in mente che prima o poi saremmo usciti dalla nostra condizione di maiali. [Giorgio Dell’Arti]