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 2010  febbraio 15 Lunedì calendario

Inchiesta sulla Protezione civile

• La Procura di Firenze ha disposto la settimana scorsa l’arresto di Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro Della Giovampaola, tutti funzionari dello Stato al servizio del Dipartimento della Protezione civile, perché fortissimamente sospettati di essersi fatti corrompere dal costruttore Diego Anemone, finito in cella anche lui, al quale avrebbero assegnato una quantità di commesse nell’ambito dei lavori relativi allo svolgimento dei mondiali di nuoto in Roma (estate 2009), delle celebrazioni del centocinquantenario dell’Unità d’Italia (in corso) e del previsto vertice del G8 alla Maddalena (l’anno scorso, con Obama, Sarkozy, Merkel e gli altri capi del mondo), spostato poi all’ultimo momento all’Aquila. I tre avrebbero ricevuto, in cambio di questi favori valutabili in fatturati da decine di milioni di euro, utenze di cellulari, camerieri al servizio, varie Bmw di cui la Procura fornisce numero di serie e targa, una 500 per la signora Thau moglie del Balducci, mobili con cui arredare residenze di campagna e di città (tra cui una libreria, un divano e due poltrone), viaggi a bordo di aerei privati, assunzione di tale Smit Anthony, ospitalità presso l’hotel Il Pellicano di Porto Santo Stefano. Nessun accenno a ”dazioni di denaro” (come avrebbe detto diciott’anni fa Di Pietro). Vi sarebbe stata invece la fornitura di prestazioni sessuali ad opera di donne prezzolate dall’Anemone. I giudici, su quest’ultimo punto, hanno anche fornito luoghi e date dei fatti. Interrogati in carcere, dei quattro imputati due (Fabio De Santis e Diego Anemone) si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Balducci – che del quartetto è il pezzo più grosso (presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici) – ha sostenuto un interrogatorio di quattro ore, ribadendo che tutto ciò che è stato fatto è stato fatto in perfetta regola. Idem Della Giovampaola: due ore e diniego assoluto di tutto.

• Tra coloro che, nell’ambito di quest’inchiesta, hanno ricevuto un avviso di garanzia, c’è anche Guido Bertolaso, cioè il responsabile in toto della Protezione civile. I giudici fiorentini sospettano – meno fortemente però – che egli, una certa mattina, si sia fatto dare cinquantamila euro da Anemone e si dicono piuttosto sicuri che abbia usufruito anche lui di prestazioni sessuali, offerte dalla ditta Anemome nel centro romano Salaria Sport Village. Bertolaso, tramite i giornali dato che al momento in cui scriviamo non è ancora stato sentito dai giudici, ha a sua volta negato tutto, giudicando persino offensiva l’ipotesi che un signore a cui in tanti anni sono passati per le mani centinaia di milioni possa poi esser comprato con la miseria di 50 mila euro. Quanto alle prestazioni sessuali, ha ribattuto che quanto si crede di dedurre dalle conversazioni telefoniche («una ripassata») va invece riferito a sedute di massaggi regolarmente pagate alla cassa del Salaria Sport Village, come da ricevute che sono a disposizione della magistratura. La massaggiatrice preferita da Bertolaso, una signora di nome Francesca, subito indicata dai giudici e dai giornali come una delle prostitute in questione, è una signora di 43 anni, ricoverata al momento in ospedale che ha già esibito ai difensori di Bertolaso la lunga lista dei suoi diplomi. Sull’altra supposta prostituta, di nome Monica, stanno indagando praticamente tutti e una parola definitiva al momento in cui scriviamo non può ancora essere pronunciata. Un elemento di cui tener conto nella valutazione generale è comunque che il Salaria Sport Center è una struttura immensa, con seimila iscritti, notissima a Roma e assai facilmente indagabile, volendo. Non proprio l’ideale per un bordello clandestino.

• E infatti uno dei punti da considerare, relativamente all’inchiesta, è proprio la sua assoluta mancanza di riscontri obiettivi, cioè in definitiva di prove. Tutto si basa sulle intercettazioni telefoniche e – schematicamente parlando - sul fatto che A, parlando con B, ha definito C un bandito. Questo è sufficiente per mettere in galera C? Certo dà i brividi sentir parlare due personaggi che ridono di soddisfazione alla notizia del terremoto all’Aquila perché suppongono che gliene verranno commesse e fatturato (Letta ha negato: «Neanche un euro»). E tuttavia: la magistratura non sarebbe chiamata a dar giudizi morali o di gusto, ma a individuare reati e colpevoli di reati e a procedere perché forte delle prove documentali (ripeto: documentali) raccolte. Nulla di tutto questo nelle 130 pagine dell’ordinanza. La stessa imputazione dei 50 mila euro pagati a Bertolaso si basa sul fatto che Anemone è andato in cerca di 50 mila euro poco prima di incontrare Bertolaso e questo basta a individuare corrotto e corruttore. Infine, anche in questo caso s’è assistito alla stranezza di giudici che mandano in galera e lasciano esplodere il caso sui giornali dichiarandosi però subito dopo territorialmente incompetenti. L’inchiesta spetta ovviamente a Roma, che ne ha già un’altra per suo conto sui mondiali di nuoto, e andrà però a Perugia perché tra gli indagati c’è anche un magistrato della Capitale. Bertolaso ha così commentato al Sole 24 Ore: «Vedo nella mia testa questi camion di documenti che vanno alla procura di Perugia, qualcuno dovrà scaricarli, poi classificarli, qualcuno dovrà leggerli. Qui il rischio è che passino mesi. Questo non mi pare proprio giusto».
Dimissioni L’inchiesta ha infatti già avuto, politicamente parlando, effetti notevoli. Bertolaso ha subito presentato le dimissioni e il consiglio dei ministri le ha respinte senza esitazioni manifestandogli la propria solidarietà e convizione d’innocenza con un lungo applauso. Berlusconi ha gridato che i pubblici ministeri di Firenze dovrebbero vergognarsi. Bertolaso ha chiarito tuttavia che il suo incarico resta a disposizione e che egli si toglierà di mezzo non appena il governo lo vorrà. Tuttavia, passati i primi due giorni in cui è apparso sull’orlo della disperazione, il capo della Protezione civile s’è mostrato poi assai rinfrancato. A Scalfari che gli aveva posto altre dieci domande ha risposto in ventiquattr’ore con sicurezza e addirittura baldanza. Un sondaggio di Sky ha mostrato che in questa faccenda il 67% degli italiani sta con lui.

• Il primo risvolto politico riguarda la legge che istituisce la Protezione civile spa, cioè una struttura operativa di proprietà pubblica ma di diritto privato, che dovrebbe diventare il braccio operativo del Dipartimento della Protezione civile. Passata al Senato, molti oggi, anche nel centro-destra, vorrebbero bloccarla alla Camera. La legge sancisce e rinforza i poteri che via via sono stati attribuiti alla struttura di Bertolaso, nel corso degli anni investita non solo delle emergenze ma anche dell’attuazione di tutte quelle opere che devono necessariamente essere fatte entro una certa data. Questo ha implicato un’assunzione di responsabilità totale da parte della Protezione civile, che fa fare quello che c’è da fare a chi crede, saltando gare, controlli e regole degli appalti. La nostra burocrazia – un elefante malato e marcio di corruzione – non è più in grado infatti di portare a compimento alcunché in tempi non biblici. I poteri pressoché assoluti che si sono negli anni concentrati nelle mani di Bertolaso hanno però anche tagliato fuori le vecchie consorterie di costruttori e mediatori, i quali un tempo, zitti zitti, si dividevano gli appalti e facevano affluire denari nelle casse dei partiti. Non si deve credere che le lobbies non siano all’opera perché in qualche modo si torni al bel tempo che fu. [Giorgio Dell’Arti]