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 2010  maggio 10 Lunedì calendario

Questioni americane

• Altra questione: la tempesta del 6-7 maggio è per caso anche frutto di un piano segreto americano per affossare la valuta europea e riportare in auge il dollaro? La risposta è sì. Le istituzioni finanziarie americane si sono impegnate a comprare e far comprare dollari e a vendere euro, contribuendo in ogni modo a deprimerne la quotazione, su pressione cinese. Pechino ha 3000 miliardi di dollari nelle sue riserve e una caduta di valore del biglietto verde la metterebbe seriamente in crisi. La distruzione dell’euro porterebbe agli Stati Uniti un vantaggio effimero: un’area di mezzo miliardo di consumatori impoverita di almeno un buon terzo nella sua capacità di spesa sottrarrebbe ai mercati una fetta di consumatori decisiva e gli americani sconterebbero amaramente la loro presunta vittoria. Gli Stati Uniti hanno un rapporto debito/pil al 12% (come la Grecia) e un indebitamento integrato (cioè Stato + famiglie) pari al 300 per cento del prodotto interno lordo. [Giorgio Dell’Arti]

• Le misure decise o progettate lo scorso week-end sono in definitiva queste: fondo di 720 miliardi, da usare o direttamente per prestar soldi (60 miliardi dalla Ue e 220 dal Fmi) oppure per garantire i prestiti dei paesi con scarso credito planetario (440 miliardi dei 16 paesi dell’Eurozona: gli inglesi non ci stanno); rafforzamento dell’ufficio statistico (Eurostat) per accertar meglio lo stato dei conti pubblici dei membri; acquisto da parte della Bce di titoli-spazzatura (una misura molto discussa, a causa della sua alta capacità inflattiva); creazione di un’agenzia di rating europea, effettivamente al di sopra delle parti e maggiormente affidabile delle tre che dominano il mercato e che hanno avuto tante responsabilità nella crisi dei subprime (qui l’obiezione è che l’agenzia europea sarebbe in conflitto di interessi al momento di assegnare il rating alle emissioni dei paesi membri). Dovrebbe anche essere preso, d’accordo però con gli americani, un provvedimento che impedisca a queste agenzie di parlare a mercati aperti. [Giorgio Dell’Arti]