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 2010  maggio 10 Lunedì calendario

Il “debito sovrano”

• Si chiama “debito sovrano” quello contratto dagli Stati. Questo “debito sovrano” è cresciuto enormemente dopo la crisi dei subprime di due anni fa: per salvare le banche sull’orlo del fallimento, gli Stati in prima persona si sono accollati le loro difficoltà, mentre le due banche centrali – Bce e Fed – facevano stampare di gran carriera un’impressionante quantità di carta. Passati due anni, la questione è in definitiva assai semplice: sono in grado gli Stati di pagare i debiti che hanno contratto? Dalla Grecia è arrivata una prima risposta, ed è negativa: gli Stati non sarebbero in grado, e specialmente quelli più specializzati in finanza allegra, cioè, dopo la Grecia, Portogallo Irlanda Spagna e, però a notevole distanza, Italia. Domanda successiva: è in grado, almeno, l’Unione europea di salvare uno dei suoi Stati dal fallimento, con prestiti o altre manovre? L’incertezza con cui i vertici continentali sono intervenuti in soccorso di Atene ha autorizzato parecchi dubbi. Primi accenni di rivolte hanno fatto pensare che, anche intervenendo, sarebbe poi difficile far accettare ai cittadini i sacrifici necessari a restituire i denari ricevuti. Quindi si è maturata con ragionevole certezza l’opinione o che la Ue non sarebbe veramente in grado di intervenire oppure che il Paese temporaneamente salvato andrebbe comunque prima o poi in default cessando di restituire il dovuto. Conseguenza ultima: campane a morto per la nostra moneta, destinata a esser disintegrata dalle differenze tra le economie dei Paesi membri e a essere sostituita perciò da un euro-nord (o neuro), buono per le aree virtuose del continente, e da un euro-sud da battere in posti come la Grecia o l’Italia meridionale. A meno che in questi Paesi non si fosse preferito, senz’altro, il ritorno alla dracma, alla lira, alla peseta eccetera. [Giorgio Dell’Arti]