vanity, 28 agosto 2006
La storia di Natascha Kampusch
• A Vienna, Natascha Kampusch – rapita quando aveva dieci anni da un ex tecnico della Siemens che campava comprando e rivendendo appartamenti, e tenuta segregata per otto anni in una cella ricavata nel suo garage alla quale si accedeva aprendo un armadietto dietro cui era celata una porta di ferro che dava su nove gradini al termine dei quali c’era uno spazietto di cinque metri quadri con doppio lavandino e branda - ha profittato di un momento di distrazione del suo carceriere ed è corsa a perdifiato da una vecchietta vicina di casa, chiedendo aiuto. Lui, constatato che lei era fuggita, è andato a buttarsi sotto il treno. Lei – che non si è fatta fotografare e ha chiesto che non le si facciano domande – non vuole vedere i genitori, soprattutto non vuole vedere la madre che, intanto, se n’è andata in vacanza in Ungheria. Al padre ha detto: "Verrà il momento e parleremo". Vuole scappare a Londra ed essere dimenticata. Naturalmente tra la bambina diventata donna mentre era sotto sequestro e l’uomo che l’ha rapita – di nome Wolfgang Priklopil, 36 anni – è nato quel tipo di amore che i medici qualificano come ”sindrome di Stoccolma”: a un certo punto il sequestrato si schiera col suo sequestratore, se ne fa schiavo, lo adora. Il suicidio di lui complicherà le cose, caricandola perfino di un senso di colpa. In questi otto anni Natascha ha tenuto un diario. Centinaia di pagine. Gli editori di tutto il mondo se lo stanno contendendo a suon di milioni. [Giorgio Dell’Arti]