vanity, 28 agosto 2006
Banca Intesa e San Paolo si fondono
• Banca Intesa e San Paolo si fonderanno e daranno vita alla prima banca italiana, la sesta in Europa, 65 miliardi di capitalizzazione, sette miliardi di utile nel 2009, tredici milioni di clienti, seimila e 200 sportelli, il 60 per cento dei quali a Nord, centomila dipendenti. Su quest’ultimo numero – i centomila dipendenti – bisogna andarci piano: le fusioni mettono insieme uffici che fanno lo stesso lavoro e quindi provocano tagli nel personale. Nelle cifre fornite alla stampa, si dice che si prevedono risparmi per un miliardo di euro (duemila miliardi delle vecchie lire). Se fossero tutti lavoratori, si tratterebbe di 30 mila esuberi. Una catastrofe sociale. E infatti i sindacati, senza ancora aver cifre in mano, hanno espresso forti preoccupazioni, unica voce non entusiasta all’annuncio del matrimonio. Il quale ha questo scopo principalmente: bloccare l’arrivo in Italia di qualche colosso straniero che faccia quello che hanno già fatto i francesi con la Bnl e gli olandesi con l’Antonveneta. Si deve infatti sapere che la clientela italiana è molto appetita dalle banche estere perché gli italiani – al di là dei dati economici del paese – sono considerati molto ricchi, soprattutto molto patrimonializzati: hanno tutti più o meno almeno un paio di case, il che significa che gli si possono prestare i soldi avendo in cambio garanzie solide. La fusione è stata molto facilitata dall’atteggiamento del nuovo governatore Mario Draghi, che ha ignorato (e l’ha fatto sapere prima) la regola dell’assenso preventivo e vincolante di Bankitalia. Fazio, che usava quel diritto di assenso come una clava, aveva impedito in passato fior di fusioni (per esempio Unicredit-Comit, San Paolo-Capitalia, oppure l’acquisizione di Antonveneta da parte di Geronzi, ecc.). Draghi ha concretamente fatto sapere che sarebbe stato a guardare e che ognuno si regolasse in base alle convenienze del mercato. La fusione propriamente detta non è ancora avvenuta: c’è il via libera dato all’unanimità da tutti e due i consigli d’amministrazione. Adesso si discute intorno agli equilibri, quanto a Milano (Intesa) e quanto a Torino (San Paolo), quanto ai cattolici (Bazoli), quanto ai prodiani (Salza) e quanto ai diessini (Modiano, marito di Barbara Pollastrini), comunque i più deboli della compagnia. Ci sono problemi con i concambi, stabiliti a 3,115 azioni San Paolo per un’azione Intesa, che ai torinesi non vanno bene. E c’è il problema dei francesi della Banque Agricole che avevano un pezzetto di Banca Intesa e degli spagnoli del Banco di Santander, che stavano in San Paolo. La fusione non piace a nessuno dei due e probabilmente chiederanno di essere liquidati. La Borsa ha reagito con rialzi sostanziosi di tutti e due i titoli, effetto normale quando si prevedono licenziamenti, dunque incremento dei profitti. Le altre banche, soprattutto Monte dei Paschi e Capitalia, sono assai inquiete. Non ne hanno nessuna voglia, ma è possibile che debbano a loro volta sposarsi per forza. [Giorgio Dell’Arti]