vanity, 7 giugno 2010
Donne in pensione
• L’Unione europea vuole che le statali italiane vadano al più presto in pensione a 65 anni come i maschi, e ha respinto il sistema graduale adottato dall’Italia, che prevede di pareggiare le due situazioni appena nel 2018. Bruxelles vuole che siamo pronti sin dal 2012 e minaccia una procedura d’infrazione che potrebbe costarci 3-400 mila euro per ogni giorno illegale. Sacconi è andato a Bruxelles a trattare, i sindacati – che avevano fatto fuoco e fiamme quando questa querelle era cominciata nel 2008 – adesso stanno zitti, e insomma bisognerà che il nostro Paese si adegui. A suo tempo, la resistenza a cambiare questa situazione di favore per le donne (ammesso che sia di favore) nasceva dalla forte discriminazione patita dal lavoro femminile in Italia. Solo il 46% delle donne lavora, contro il 70% degli uomini. La retribuzione femminile media (parliamo di lavoratori dipendenti) è di 15 mila euro l’anno, quella maschile di 21 mila. Al momento della pensione, gli uomini prendono il 64% dell’ultimo stipendio, le donne il 46%. La pensione media di una donna è di 520 euro al mese, quella di un uomo di 980. I risparmi che si realizzeranno mandando le statali in pensione a 65 anni già dal 2012 raggiungono appena il centinaio di milioni l’anno. Le lavoratrici colpite dalla nuova regola – quando sarà adottata – sono circa duecentomila. Le statali possono lo stesso ritirarsi prima col sistema italiano se la somma di età anagrafica e anni contributivi raggiunge nel 2010 la quota 95 (quindi, per esempio, 59 anni di età e 36 di contributi o 60 più 35). Dal 2013, la quota da raggiungere sarà di 97 punti, ma con l’età minima obbligatoria di 61 anni. [Giorgio Dell’Arti]