vanity, 1 luglio 2010
La legge sulle intercettazioni
• Trovandosi in
visita a Malta, il presidente della Repubblica è intervenuto sulla legge che
vuole limitare l’uso delle intercettazioni e impedire ai giornalisti di
riferire sulle inchieste in corso se non “per riassunto”. Ecco le sue parole:
«I punti critici della legge approvata dal Senato risultano chiaramente dal
dibattito in corso, dal dibattito già svoltosi in Commissione giustizia alla
Camera, nonché da molti commenti di studiosi, sia costituzionalisti sia esperti
in materia. Ovviamente quei punti critici sono gli stessi a cui si riferiscono
le preoccupazioni della presidenza della Repubblica: e ciò non si è mancato di
sottolinearlo anche nei rapporti con esponenti della maggioranza e del governo.
Ma non spetta a noi indicare soluzioni da adottare o modifiche da approvare.
Valuteremo obiettivamente se verranno apportate modifiche adeguate alle problematicità
e alle criticità di quei punti che sono stati già messi in così grande
evidenza. E ci riserveremo una valutazione finale nell’ambito delle nostre
prerogative». Il senso di queste parole è uno solo: se la legge ci arriva così
com’è, non firmeremo. E inoltre: è inutile che Berlusconi insista per
concordare con il Quirinale le modifiche da fare. Il Capo dello Stato, da
Costituzione, non ha e non può avere questo compito (egli è infatti
“politicamente irresponsabile”). Così, a metà della settimana scorsa i rapporti
tra il capo del governo e il Colle sembravano seriamente compromessi. Adesso il
Cavaliere sembra intenzionato a far decantare la situazione, lasciando che il
provvedimento sulle intercettazioni slitti pure a settembre. Possibilmente col
ricorso a qualche marchingegno formale che gli eviti brutte figure. [Giorgio Dell’Arti]