vanity, 10 gennaio 2009
Gli obiettivi di Israele
• Israele avrebbe quasi raggiunto l’obiettivo, cioè l’occupazione delle sedi più importanti di Gaza City, quelle fino ad ora occupate da Hamas (che è il vero nemico da battere). Nel momento in cui scriviamo (le 10 di mattina di lunedì 12 gennaio), Tsahal – il nome dell’esercito israeliano – sta per prendere il palazzo presidenziale, l’università islamica e il complesso di Sariya, nel quartiere di Rimal, parte occidentale di Gaza. I morti sono fino a questo momento 889, il che impedisce di considerare l’attacco a Gaza una guerra in senso stretto, dato che gli istituti di polemologia di tutto il mondo si sono messi d’accordo sul fatto che è guerra solo quella che fa mille morti almeno. possibile infatti che si sia vicini all’epilogo della tragedia: Hamas, che non si è arresa, è però in evidente difficoltà, con i dirigenti fuggiti e braccati; e il quadro internazionale si va modificando. Tra una settimana (il giorno 20) si insedia Obama e gli americani – finora quasi del tutto assenti – dovranno cominciare a dir qualcosa. Venti giorni dopo (il 10 febbraio) Israele vota e le forti motivazioni di politica interna che hanno spinto il governo a decidere la guerra verranno meno. Anche l’Onu, benché timidamente, si sta muovendo e sulla scia di un’iniziativa diplomatica franco-egiziana ha votato una risoluzione in cui si decide la sospensione delle ostilità. un documento generico, scritto in terza persona e sia Israele che Hamas l’hanno respinto. Ma, man mano che passano i giorni, Tel Aviv ha sempre meno convenienza a ignorarlo.
• La solidarietà internazionale, finora piuttosto ampia, rivela però qualche crepa non da poco. Tutti hanno condannato un’iniziativa presa a Roma in favore di un boicottaggio dei ”negozi degli ebrei”, ma il cardinale Martino ha definito Gaza un ”campo di concentramento” innescando una polemica piuttosto dura con Israele e la comunità ebraica. E le stesse autorità israeliane si sono difese male dall’accusa di aver perpetrato scientemente un massacro di bambini bombardando una scuola dell’Onu: prima hanno detto che dall’interno sparavano, poi hanno concesso che s’era trattato di un errore. Tra le manifestazioni che in tutto il mondo hanno condannato l’iniziativa di Israele, spiccano quelle che si sono svolte a Milano e Bologna: foto che sono state riprese da tutta la stampa italiana mostrano la piazza del Duomo e quella di San Petronio tappezzate dalle schiene dei musulmani, curvi in preghiera e con la fronte rivolta verso la Mecca. La comunità islamica ha chiesto scusa per aver invaso lo spazio di un’altra confessione religiosa, ma le immagini hanno reso plasticamente il senso del crogiolo multietnico nel quale ormai viviamo. L’Islam – estremista o moderato – è ormai così presente tra noi da poter invadere, con i suoi ”sottomessi”, anche il più sacro dei luoghi della cristianità. [Giorgio Dell’Arti]