vanity, 2 febbraio 2009
Il Forum di Davos
• Riassumiamo la settimana di discussioni al Forum di Davos (Svizzera), dove ogni anno si incontrano economisti, politici, intellettuali, banchieri e altri potenti della Terra, con questa sola frase: sarebbe bello se il mondo procedesse unito contro la crisi che ci sta devastando, coordinando gli interventi e fissando nuove regole. Il messaggio più chiaro e più applaudito in questo senso è venuto da Angela Merkel che vorrebbe un’Onu dell’Economia. Angela ha aggiunto: stiamo tirando fuori tutti quanti un sacco di soldi, sarebbe bene stabilire fin da ora che questi denari andranno restituiti. «Non si può pensare di vivere all’infinito al di sopra dei propri mezzi». Lo spauracchio si chiama adesso per tutti ”protezionismo”. E cioè: proteggere i propri interessi a discapito degli interessi del vicino, non capire che, a questo punto della situazione, le difficoltà create a un Paese terzo con l’intento di salvaguardare i prodotti e le finanze propri si ripercuoteranno alla fine proprio Paese protezionista. Cioè: dalla crisi si esce tutti insieme oppure non si esce.
• Mentre Davos lanciava questi messaggi assai consolanti, Obama faceva sapere che il Pil americano nel quarto trimestre del 2008 è sceso del 3,8% (in realtà del 5,5%) percentuale che rischia di essere confermata – su base annua – alla fine del 2009. Obama: «E’ un disastro continuo per le famiglie di lavoratori americani. La recessione è profonda e urgono misure contro la crisi». I centri studio di tutto il mondo facevano anche sapere che, negli ultimi sette giorni, l’Occidente ha perso un milione di posti di lavoro e una quantità forse doppia di lavoratori è passata da un impiego stabile a un lavoro precario.
• Mentre i potenti a Davos lodevolmente mettevano in guardia dal protezionismo, lavoratori inglesi scendevano in piazza contro operai italiani incaricati di costruire un impianto di desolforazione nella raffineria Lindsey di Grimsby nel Lincolnshire (Inghilterra del Nord). Trecento mercoledì 28, seicento il giorno dopo, almeno 1500 venerdì. Venerdì, anzi, tutta l’isola entrava in fibrillazione: prima i lavoratori della Conoco, poi gli scozzesi, 700 nell’impianto di Grangemouth, 500 nella centrale elettrica di Longannet, 200 nel terminal gas Saint Fergus. Nuove proteste, e ancora più massicce, sono annunciate per questa settimana. I capi della rivolta paiono decisi a portare la questione a Westminster e a Downing Street. Eppure gli italiani, tutti dipendenti della ditta Irem di Siracusa (2000 lavoratori indotto incluso, 200 milioni di fatturato, da molti anni tra le più accreditate per lavori di quel genere), stavano a Grimsby in quanto vincitori, in un lotto di sette concorrenti (di cui cinque inglesi), di una gara internazionale indetta dall’americana Jacobs per conto della Total. Appalto da 18 milioni, lavori da consegnare in aprile e quindi da eseguire a gran velocità. Ma di tutto questo ai lavoratori inglesi importa poco: essi sanno solo che Gordon Brown, all’epoca della campagna elettorale, promise ”British jobs for british workers”, cioè “Agli inglesi il lavoro inglese”. Quindi hanno incrociato le braccia e sono andati in televisione a chiedere come mai un lavoro che fino a ieri avevano sempre fatto loro veniva adesso affidato agli “its”, notoriamente sporchi e imprecisi. Gordon Brown era a Davos e ha fatto sapere che avrebbe aperto un’inchiesta sulle modalità dell’appalto. Ma intanto il protezionismo – così esecrato in Svizzera – dava una notevole prova di sé proprio nella patria del liberoscambismo. [Giorgio dell’Arti]