vanity, 21 febbraio 2009
Cosa ne sarà del Pd?
Nel suo discorso pieno di pathos ai giornalisti plaudenti, Veltroni ha indicato in ”Dario” - cioè il suo vice Franceschini – l’uomo incaricato di reggere il partito fino al momento in cui il partito sarà in grado di darsi un nuovo capo. Ma quando e come bisogna arrivare a questo appuntamento? Primarie subito? Congresso subito e poi primarie prima delle elezioni? Rinviare tutto a ottobre? In tutti i siti dove si discute il dramma del Pd, emerge chiaro il disgusto per i capi del partito, assimilati senz’altro alla casta, e di cui i militanti vorrebbero liberarsi – dicono – il prima possibile. Occorre gente nuova, cambiare tutto, avanti i giovani eccetera eccetera. Qualcuno si illude quindi che la Fiera di Roma, dove sabato 21 sono convocati i tremila costituenti democratici (gente in effetti spesso giovane e fuori almeno dai giochi romani), possa trasformarsi in una Sala della Pallacorda, il luogo dove il Terzo Stato prese coscienza di sé e avviò la Rivoluzione francese del 1789. Niente di tutto questo: i circa mille e duecento che si sono sobbarcati il viaggio, decidono di eleggere subito il segretario e respingono nell’urna il tentativo frondista di Arturo Parisi, che si candida alla segreteria sulla linea di resuscitare l’Ulivo, cioè lavorare per ricreare lo schieramento monstre del governo Prodi. Dario Franceschini, 51 anni, cattolico, ferrarese, democristiano pupillo di Zaccagnini, vince sul suo improvvisato avversario col punteggio bulgaro di 1047 a 92. Non è un segno di forza: i capi-corrente, che Veltroni non è stato capace di sottomettere, si sono semplicemente nascosti dietro questa figura, che gli esperti giudicano opportunamente sbiadita, per imputarle le prossime sconfitte e vedersela poi a ottobre durante un Congresso che si preannuncia feroce e che dovrebbe incoronare il dalemiano Bersani. ovvio che, di qui ad allora, molte cose potrebbero ancora succedere. Per dirne una: la fuoriuscita dei cattolici per fare massa con Casini nell’Udc o in una formazione nuova di zecca. [Giorgio Dell’Arti]