2 agosto 1981
Tags : Roberto Peci
Una lettera per Roberto Peci
• Ida Peci scrive una drammatica lettera per smentire le affermazioni del fratello Roberto: «Interrogato dalle Brigate rosse, ha dichiarato che io, assieme a lui, ho venduto Patrizio ai carabinieri e l’ho convinto a disertare. Per quanto mi riguarda queste affermazioni non sono vere. Caro Roberto, quanto tu hai dichiarato può essere comprensibile nelle tue condizioni: forse l’hai fatto per salvarti la vita oppure perché ti hanno costretto. Tu sostieni che Patrizio durante la sua clandestinità mi ha telefonato più volte a casa. Ma tu sai bene che non è vero, che non può essere vero. In quel periodo io ancora non avevo il telefono. Nei “verbali” racconti di un appuntamento di Patrizio alla stazione di Torino, dici che io e te avevamo fissato l’incontro davanti al parcheggio dei taxi, ma sai che anche questo non è vero. Sai che con Patrizio non abbiamo mai avuto rapporti durante la sua clandestinità. Solo una volta Patrizio ha telefonato a casa dei nostri genitori, nella primavera del ’79 ed io quel giorno non ero presente. Per quanto riguarda la nostra andata alla caserma dei carabinieri di San Benedetto dici che noi due abbiamo incontrato il maresciallo Ceneri prima dell’arresto di Patrizio per trattare la sua resa. Invece sai bene che dal maresciallo Ceneri io e te siamo andati per la prima volta la mattina di giovedì 21 febbraio due giorni dopo l’arresto di Patrizio, quando nostro padre aveva sentito la notizia alla radio. Dal maresciallo eravamo andati per avere conferma dell’arresto. Caro Robero tu sai bene che questa è la verità: io lo giuro sul bene che ti voglio. Quindi questa condanna oltre che ingiusta ci fa capire che le Brigate rosse ti vogliono e ci vogliono colpire in quanto familiari di Patrizio Peci. Non per altri motivi e giustificazioni».