11 giugno 1981
Tags : Roberto Peci
Le Br rivendicano il sequestro di Peci
• Alle
quattro di mattina i carabinieri ritrovano la Panda di Roberto Peci: è alla
periferia di San Benedetto del Tronto, in località Ragnole, sulla via per
Ascoli. È al bivio per una strada che s’infila verso i colli, per il santuario
di Monte Prandone. Le portiere sono chiuse, un deflettore aperto, il sedile
anteriore destro ribaltato, come per far uscire un passeggero seduto dietro.
Dentro solo opuscoli di elettrotecnica. Il procuratore della Repubblica di
Ascoli Piceno, Mario Mandrelli: «Era sorvegliato nei limiti del possibile, ma
ultimamente non c’erano state minacce».
• Ida
Peci: «Non prendevamo nessuna precauzione, nemmeno per guardarci intorno.
Patrizio ci aveva sempre detto che le Brigate rosse non erano né mafia né
camorra. Le Brigate rosse non toccavano i familiari. Noi eravamo sicurissimi» (a
Luigi Maria Perotti).
• Alle
8.30 la redazione centrale della Stampa a Torino riceve la prima telefonata
anonima: «Qui Brigate rosse, colonna romana. Abbiamo rapito a San Benedetto del
Tronto Roberto Peci, fratello dell’infame pidocchio Patrizio». Nel pomeriggio,
alle 17, la chiamata al Giorno di Milano: «Qui Brigate rosse, colonna romana.
Rivendichiamo il rapimento del fratello di Peci. È rinchiuso nelle carceri del
popolo e sarà sottoposto al processo del proletariato». Dopo cinque minuti
altra telefonata: «Ripeto il messaggio, Roberto Peci farà la fine di Martin
Schleyer». Martin Schleyer, il presidente degli industriali tedeschi
sequestrato e ucciso nel 1977 dall’organizzazione di estrema sinistra Rote
Armee Fraktion (Raf).
• Nel
frattempo, oltre a Roberto Peci, le Br tengono prigionieri: Ciro Cirillo,
democristiano, assessore ai lavori pubblici in Campania, rapito il 27 aprile;
Giuseppe Taliercio, direttore dello stabilimento petrolchimico di Porto
Marghera, rapito il 20 maggio; Renzo Sandrucci, ingegnere, dirigente dell’Alfa
Romeo di Arese, rapito il 3 giugno.