vanity, 31 agosto 2009
Lo scandalo Boffo
• L’ultimo scandalo politico ha per protagonista Dino Boffo: direttore di Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani; direttore dei servizi giornalistici di Sat 2000, la tv satellitare dei cattolici nel mondo; membro permanente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori, l’ente che guida moralmente l’Università cattolica del Sacro Cuore. Secondo Il Giornale, questo potente della Chiesa è invece un omosessuale che per tirarsi fuori dai guai di una causa per molestie si rassegnò a pagare 500 e rotti euro a una signora del cui marito era l’amante. La signora l’aveva citato sostenendo di essere stata più volte disturbata telefonicamente dal medesimo Boffo, il quale l’aveva addirittura pedinata con l’intento di persuaderla a lasciar libero il marito. Il telefono del direttore di Avvenire venne allora messo sotto controllo e il giornalista (stiamo sempre riassumendo quello che scrive Il Giornale) dovette arrendersi. Questo in base a quanto risulta dal casellario giudiziario del tribunale di Terni, dove si legge di «sentenza definitiva con patteggiamento a una ammenda per molestie alle persone ai sensi dell’art. 660 c.p.». Sentenza del 9 agosto 2004, molestie intercorse tra l’ottobre 2001 e il gennaio 2002. Il Giornale, che venerdì 28 agosto ha presentato il caso con un grande titolo in prima e ha poi dedicato le prime due pagine interne all’intera faccenda, cita anche una non meglio precisata «nota informativa» nella quale, riepilogando la storia, si qualifica Boffo come «noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni».
• Per capire l’enormità di queste rivelazioni bisogna tenere conto di quanto segue:
• molti esponenti della gerarchia cattolica hanno attaccato negli ultimi mesi Berlusconi e il governo principalmente per l’affare di Noemi, per la storia dei festini a palazzo Grazioli e a Villa Certosa, per le leggi sui clandestini e la politica dei respingimenti. Boffo ha tenuto una linea piuttosto prudente, ma nelle risposte ai lettori, che lo sollecitavano a condannare, non ha potuto esimersi dal rimproverare con severità il Cavaliere e dal criticare lo spirito leghista dell’esecutivo. La rivelazione che si tratta di un «noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni» non può che togliere valore alle campagne passate e a quelle future di Avvenire. Naturalmente, se le notizie sono vere, cosa che Boffo ha negato (vedremo più avanti la sua versione dei fatti). Per ora, il direttore ha incassato la solidarietà dei vescovi (non caldissima) e quella del comitato di redazione (doverosa). Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, ha poi qualificato l’attacco del Giornale come «disgustoso e molto grave».
• Il Giornale appartiene a Paolo Berlusconi, fratello minore del premier. Da una settimana, per volontà di Silvio che gli ha garantito un contratto stellare, è tornato a dirigerlo Vittorio Feltri. Sulla poltrona di Libero, orfano del suo fondatore, è stato chiamato Maurizio Belpietro, già direttore di Panorama e molti anni fa primo collaboratore dello stesso Feltri. Un movimento che ha avviato una specie di guerra civile all’interno della stampa di destra: i due quotidiani fanno a gara nel superarsi quanto a rivelazioni, Belpietro sta stampando a puntate la «vera storia» di Gianni Agnelli e dell’eredità contesa dalla figlia Margherita, Feltri è partito lancia in resta contro Boffo, tutti e due hanno ritirato fuori la pratica, mai smentita, dell’appartamento comprato da Ezio Mauro a Roma e parzialmente pagato in nero (Ezio Mauro è il direttore di Repubblica).
• Da molti mesi Repubblica chiede conto a Berlusconi della sua vita sessuale, col sistema di stampare ogni giorno dieci domande, iniziativa di effetto clamoroso e ripresa anche dai giornali stranieri. Berlusconi non s’è mai sognato di rispondere e la settimana scorsa ha querelato il quotidiano, sostenendo che le dieci domande sono retoriche e servono solo a diffamarlo, e chiedendo un milione di risarcimento. Repubblica ha reagito con molto vigore a questa iniziativa ricevendo l’appoggio della Federazione della Stampa e di vari ottimati della professione e del libero pensiero, secondo i quali la querela sarebbe in questo caso un attentato alla libertà di stampa. Il Giornale ha avuto facile gioco nel replicare con l’elenco dell’infinita lista di querele ricevute dagli stessi che adesso s’indignano per questa del Cav.
• A questo clima da guerra continua, o per lo meno al fronte di guerra con la Chiesa, stava cercando di porre in qualche modo rimedio l’uomo della diplomazia berlusconiana, cioè Gianni Letta. Venerdì 28 Berlusconi e Tarcisio Bertone, il segretario di Stato vaticano e numero due della gerarchia, dovevano trovarsi insieme a cena all’Aquila in occasione della Festa della Perdonanza: a quel punto sarebbe cominciata la ricucitura. Quando, giovedì 27, Letta ha avuto sentore di quello che stava combinando Feltri ha prima tentato di bloccare Il Giornale, poi ha addirittura preso in esame, con Bonaiuti, l’ipotesi di ricorrere alla magistratura perché con un provvedimento d’urgenza sequestrasse le copie dalle edicole di tutt’Italia, infine s’è dovuto rassegnare alla violenta reazione di vescovi e cardinali. La cena con Bertone è stata annullata (ha fatto lui stesso le veci del Cavaliere) e Berlusconi s’è dovuto convincere a prendere ufficialmente le distanze da Feltri: «Non posso assolutamente condividere ciò che pubblica il Giornale nei confronti del direttore di Avvenire e me ne dissocio» aggiungendo di essere sempre stato contrario al giornalismo che fruga nella vita delle persone. Una presa di posizione minima, in fondo, dato che i capi cattolici avevano chiesto la testa dello stesso Feltri e che non è servita ad allontanare il sospetto che il capo del governo fosse bene informato (e d’accordo) con quanto Feltri andava preparando. Bossi ha intanto annunciato che chiederà udienza al Papa, per spiegare che l’ispirazione del suo partito, qualunque cosa si pensi, è cristiana.
• Il primo giorno il direttore di Avvenire s’è limitato a stampare sulla prima pagina del suo giornale tre comunicati (il suo, quello della Cei e quello del CdR) senza dar conto ai lettori della vicenda. Il secondo giorno ha spiegato che le telefonate alla signora erano partite sì dal suo telefono, ma erano state fatte da un ragazzo della comunità per tossicodipendenti di don Gelmini, da lui assunto come collaboratore. La vicenda dei pedinamenti, delle minacce telefoniche e della relazione con il marito sarebbe tutta a carico di questo infelice, intanto morto per overdose. Per aiutarlo, il direttore si sarebbe fatto carico anche della causa e del patteggiamento. Quanto alla nota informativa che lo qualifica come omosessuale «attenzionato dalla Polizia» non fa parte del fascicolo giudiziario, è probabilmente una lettera anonima giunta a quelli dell’Istituto Toniolo o forse, come ha ipotizzato D’Avanzo su Repubblica, è una semplice nota dei servizi passata a Feltri e purtroppo non ci si deve lamentare dello sporchissimo lavoro dei servizi i quali attenzionano gli omosessuali in tutto il mondo. I servizi però non sono la polizia di stato e Maroni ha telefonato a Boffo per garantirgli che la polizia non scheda gli omosessuali. Feltri non ha spedito un inviato a Terni per tirar fuori il nome e il cognome della signora protagonista della vicenda e, secondo il sottosegretario Giovanardi, unica vera vittima di questo affaire.
• Ovvio che la responsabilità di Boffo e le conseguenze dei suoi comportamenti non sono minimamente paragonabili a quelle di un capo di governo e che quindi le eventuali colpe dell’uno non assolvono neanche lontanamente l’altro. Chiesa e Berlusconi faranno in ogni caso la pace. La Chiesa ha bisogno di un governo amico, perché in autunno arriveranno al pettine i nodi dei bonus alle scuole private, della pillola abortiva, del bio-testamento anti-eutanasia, del sostegno economico alle famiglie. Berlusconi a sua volta è perseguitato dalla vecchia convinzione di tutti i politici che nessun governo in Italia sta in piedi senza l’appoggio dei cattolici. Ma si dice che abbia in mano un paio di sondaggi dai quali risulta che questa massima, sicuramente vera un tempo, comincia a essere piuttosto dubbia oggi. [Giorgio Dell’Arti]