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 2009  settembre 14 Lunedì calendario

E se il Lodo venisse bocciato?

Molte delle cose successe negli ultimi giorni vanno lette alla luce di questo appuntamento forse cruciale. In caso di bocciatura del Lodo, gli scenari possibili sono i seguenti:
• i tecnici della maggioranza, in mezzo a polemiche furibonde, varano un nuovo lodo che tiene conto delle osservazioni della Corte e ripristina le immunità per Napolitano, Schifani, Fini e Berlusconi. Questa soluzione è evidentemente legata alle motivazioni della bocciatura: la cosa si potrebbe fare solo se le critiche dei 15 giudici riguardassero dei dettagli. In caso contrario, una nuova legge dovrebbe risultare da un confronto politico, anche con le opposizioni, molto lungo. Ma nel frattempo gli avvisi di garanzia contro il capo del governo potrebbero ripartire e per le motivazioni più imbarazzanti (escort). Ricordiamo che la situazione italiana quanto a immunità era anomala anche prima dell’approvazione del Lodo. La Costituzione del 1948 aveva previsto un’immunità per i parlamentari e i membri del governo, ma nel 1993 il Parlamento, piegato dalle inchieste di Tangentopoli, la abolì totalmente, essendo presidente della Camera proprio Giorgio Napolitano. Da allora e fino al Lodo, gli eletti della Repubblica sono rimasti alla mercé dei giudici ed è certo che questo ha favorito il trasferimento nei tribunali italiani di una parte della lotta politica.
• se, bocciato il Lodo, l’offensiva giudiziaria contro Berlusconi dovesse riprendere, è possibile che il premier stesso preferisca dimettersi e andare alle elezioni anticipate in primavera, quando dovrebbero svolgersi le Regionali (21-22 marzo). In questa mossa sarebbe contenuto un pensiero che Berlusconi avrebbe fin dal primo momento: avere anche nel 2013 un Parlamento dominato dal suo centro-destra e dunque disposto a eleggerlo presidente della Repubblica.
• i nemici che il Cavaliere ha all’interno del suo stesso schieramento potrebbero però tentare la via di un nuovo governo e di una nuova maggioranza, e impedire così le elezioni. Il capo-drappello di questi nemici è Gianfranco Fini, presidente della Camera, già grande capo del Msi-Dn e di Alleanza Nazionale, e da qualche tempo sorprendentemente in sintonia – e pubblicamente in sintonia, attraverso dichiarazioni sempre più clamorose – con l’opposizione. Fini ha parlato contro il testamento biologico in nome della laicità dello Stato, contro la politica dei respingimenti in nome dei diritti dei migranti, contro la dittatura che Berlusconi esercita sul centro-destra in nome di un partito dove le opinioni si confrontino democraticamente e le decisioni si prendano collegialmente, ecc. Feltri, con i suoi editoriali, l’ha beccato e anche questa serie di articoli del Giornale è stata vissuta come una manovra dettata direttamente da Berlusconi, che ne ha preso però le distanze. Alla fine s’è arrivati a uno scambio molto violento con Bossi, dato che Fini ha sostanzialmente accusato Berlusconi di essersi consegnanto mani e piedi alla Lega e di essersi fatto dettare dal Carroccio linea politica e calendario degli interventi. La faccenda delle ”elezioni anticipate”, perno di tanti scenari giornalistici, è stata tirata fuori ufficialmente proprio da Bossi nel corso di questi batti e ribatti (tutti avvenuti sui giornali), con una dichiarazione il cui senso era: se non si fa come diciamo noi, la Lega ritira la delegazione e si va a votare.
• come potrebbe formarsi però una nuova maggioranza? I numeri, per esempio alla Camera, sembrerebbero rendere l’operazione impossibile: il Pdl ha 270 deputati e la Lega 60, il che dà una maggioranza molto forte di 330 parlamentari al centro-destra contro 300 dell’opposizione. I bene informati sostengono però che Fini ha dietro di sé almeno 50 deputati, i quali si accingerebbero a scrivere una lettera al premier e che sarebbero pronti eventualmente a lasciare il partito. Questo renderebbe teoricamente possibile una nuova maggioranza fatta da Pd (216), Di Pietro (26), Udc (36) per un totale, con i 50 di Fini, di 328 seggi. Una soluzione formalmente dubbia, dato che i 50 transfughi del Pdl stanno in Parlamento grazie anche a un premio di maggioranza riconosciuto proprio perché facevano parte di una certa aggregazione politica.
• il capo dell’Udc Casini, però, non fa caso a queste sottigliezze e domenica scorsa a Chianciano, concludendo le assise del partito, ha detto che se Berlusconi volesse le elezioni anticipate sarebbe facile impedirglielo dato che per trovare una nuova maggioranza in Parlamento basterebbero «dieci minuti». L’Udc ha annunciato il proprio scioglimento e la nascita di una nuova formazione, di cui è già cominciato il tesseramento e che vedrà la luce dopo le Regionali. L’idea è sempre quella di formare il Grande Centro pigliandosi i transfughi del Pdl e i cattolici del Partito democratico (in primis Rutelli) che non vorranno restare nel Pd dopo che Bersani sarà stato eletto segretario. [Giorgio Dell’Arti]