vanity, 21 settembre 2009
Bossi e l’Afghanistan
• Saputa la notizia, Umberto Bossi ha subito ribadito che dall’Afghanistan dobbiamo andarcene e possibilmente entro Natale. Una dichiarazione a caldo, emotiva e che in molti hanno giudicato sbagliata: c’è un sistema di alleanze da rispettare e decisioni unilaterali di questo genere le incrinerebbero gravemente (specialmente sul versante del rapporto con gli Stati Uniti); c’è anche la consapevolezza che far mostra di incertezza in un frangente come questo può attirare ulteriormente l’attenzione di al Qaeda, che colpisce preferibilmente proprio i militari di quei Paesi in cui le critiche all’intervento sono più forti, in modo da allargarne le divisioni interne. Il bollettino delle vittime, a sabato scorso, era il seguente: Stati Uniti 837, Gran Bretagna 216, Canada 131, Germania 35, Francia 31, Danimarca e Spagna 25, Olanda e Italia 21, altri 110. Il totale è di 1.406 persone. Neanche il partito democratico è favorevole al ritiro, dato che, come ha detto Fareed Zakaria, guru di Obama, commentatore della Cnn e direttore di Newsweek International, «se non c’è stato un altro grande attacco dopo l’11 settembre è perché al-Qaeda è stata contrastata in Afghanistan e Pakistan, con le forze di terra e con l’intelligence». Il Pd chiede la convocazione di una grande conferenza internazionale per discutere la pacificazione di quel Paese e il modo di uscirne. Vogliono il ritiro al più presto, oltre alla Lega, la sinistra estrema e Di Pietro. [Giorgio Dell’Arti]