vanity, 19 ottobre 2009
Il papello di Totò Riina
• La politica italiana è in questo momento alle prese col “papello”, cioè con un documento, scritto per volontà di Totò Riina (ma non dalla mano di Totò Riina), nel quale la mafia detta le sue condizioni allo Stato e promette in cambio (ma questo non c’è scritto) di far cessare le stragi. materiale che risale al 1992-93, i cui termini erano del tutto noti, ma che rispunta fuori adesso perché c’è un nuovo pentito (Spatuzza) che sta fornendo una versione diversa dell’assassinio di Borsellino e perché c’è un condannato per riciclaggio che sta tentando di alleviare la propria condizione processuale con qualche rivelazione impressionante. Quest’ultimo si chiama Massimo Ciancimino ed è figlio del vecchio sindaco di Palermo Vito Ciancimino, adesso defunto e all’epoca forte alleato della mafia alle cui ditte faceva arrivare tutti gli appalti. Massimo Ciancimino dice che a un certo punto il padre consegnò questo papello in dodici punti al prefetto Mario Mori pregandolo di inoltrarlo al ministro dell’Interno, Mancino, e al ministro della Difesa, Rognoni. Il papello chiedeva tra l’altro l’annullamento del 41 bis (carcere duro), benefici per i dissociati analoghi a quelli concessi alle Brigate rosse, arresti domiciliari per chi aveva compiuto 70 anni, la reclusione in penitenziari prossimi all’abitazione delle famiglie e, da ultimo, la defiscalizzazione della benzina in Sicilia, come si fa ad Aosta. Il documento, che Ciancimino jr ha consegnato agli inquirenti appena la settimana scorsa, ma in fotocopia di modo che è ancora impossibile una perizia calligrafica (l’originale si troverebbe in Liechtenstein), solleva parecchi dubbi. Intanto, Rognoni e Mancino sono stati ministri in governi diversi, il primo nell’Andreotti VII (12 aprile 1991-24 aprile 1992), il secondo nell’Amato I (28 giugno 1992-28 aprile 1993). Poi: nessuna delle richiesta avanzate dalla mafia è stata accolta o minimamente presa in considerazione, né dai governi di centro-sinistra né da quelli di centro-destra. Adesso, complessivamente, la carcerazione per i mafiosi e i loro capi è ancora più dura di allora. [Giorgio Dell’Arti]