Antonio Di Pierro, 28 ottobre 1922
Stato d’assedio, il re fa retromarcia
Ore 10-11. Il re si rifiuta di firmare il decreto sullo stato d’assedio. Il colloquio con Facta non è tra i più sereni. Il premier obietta che fino a poche ore fa si era d’accordo nel reprimere la rivolta con tutti i mezzi, e comunque osserva che ormai gli ordini sono stati impartiti e addirittura sono già stati affissi i manifesti. Vittorio Emanuele non recede, dice che vuole evitare la guerra civile e lamenta che l’operatività del decreto sarebbe dovuta scattare dopo la sua eventuale firma, e non prima. Resta da capire il perché del voltafaccia. Sembra che abbiano molto pesato le parole del generale Armando Diaz, che interpellato dal re sul comportamento dell’esercito di fronte all’ordine d’attaccare i fascisti avrebbe risposto: «Maestà, l’esercito farà il suo dovere, però sarebbe bene non metterlo alla prova». Facta torna precipitosamente al Viminale e dispone il contrordine da trasmettere a tutte le province del regno: «Avvertesi che disposizioni odierno telegramma n. 28859 circa stato assedio non debbono avere corso». [Antonio Di Pierro]