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 1861  marzo 17 calendario

La nascita del Regno d’Italia

• La Gazzetta ufficiale – da oggi non più «del Regno» ma «del Regno d’Italia» – annuncia che è stata promulgata la legge votata dal Senato e dalla Camera dei deputati. Ecco il testo:

«Vittorio Emanuele II, re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme ecc. ecc. ecc.
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Articolo unico.
Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli Atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato.
Dat. a Torino, addì 17 marzo 1861.

Vittorio Emanuele
C. Cavour. M. Minghetti. G.B.Cassinis. F.S. Vegezzi M. Fanti. T. Mamiani. T. Corsi. U. Peruzzi». [G.Uff. 17/3/1861]


Il progetto di legge che sancì l’Italia unita• È l’atto di nascita del Regno d’Italia. Cavour ha voluto che fosse questo il primo provvedimento legislativo del nuovo Parlamento nazionale, composto da 211 senatori di nomina regia (ci sono fra gli altri Massimo d’Azeglio e Alessandro Manzoni) e da 443 deputati, ora anche del Mezzogiorno, della Sicilia, dell’Umbria e delle Marche, che si sono riuniti per la prima volta il 18 febbraio. La legge è stata approvata il 26 febbraio dal Senato con due soli voti contrari e all’unanimità dalla Camera 14 marzo 1861. Iter parlamentare brevissimo: una sola seduta per ciascuna delle due Camere. Il testo però è stato il risultato di un notevole dibattito politico. Le voci di dissenso sulla forma e sulla sostanza del provvedimento, alla fine assorbite nel nome della concordia nazionale nel coro di consensi delle due assemblee, si sono fatte sentire anche in Parlamento. Il senatore Lorenzo Pareto, democratico di vecchia data, aveva ritenuto inopportuna la dizione scelta per il nuovo titolo. Che doveva essere re «degli italiani» e non «d’Italia», «per constatare maggiormente il fatto che la volontà di tutti i popoli, dalle Alpi al Lilibeo, acclamava duce supremo il nostro re». Pareto poi non aveva condiviso la forma scelta per insignire del nuovo titolo il re di Sardegna: «Sarebbe stato mio desiderio che non dall’iniziativa reale, ma piuttosto dall’iniziativa parlamentare l’acclamazione del re fosse partita». Un rilievo simile hanno mosso alla Camera il deputato della sinistra Angelo Brofferio e Nino Bixio: meglio una proposta di legge parlamentare piuttosto che, com’è avvenuto, un disegno di legge ministeriale. Altra critica di Brofferio, il nome stesso del re: perché Vittorio Emanuele «Secondo» per il primo re d’Italia? «La dinastia sabauda, per molte virtù acclamata, rifulse principalmente come dinastia conquistatrice (...). Vittorio Emanuele, colla denominazine di Secondo, parrebbe rappresentare una domestica tradizione di conquista, non il principio del voto nazionale». Cavour ha saputo in entrambi i casi far rientrare il dissenso: sottolineando a Pareto la partecipazione determinante dei popoli d’Italia all’evento cui il Parlamento doveva dare una sanzione ufficiale; rivendicando davanti a Brofferio e alla Camera il diritto del governo di «aver preso l’iniziativa in questa solenne circostanza». Che è poi «la consacrazione di un fatto immenso, del fatto della costituzione dell’Italia». [Atti parl. 26/2/1861, 14/3/1861].

• La Camera costa 497 mila lire (2,2 milioni di euro 2010). Il Parlamento disponde di due soli palazzi, uno per la Camera l’altro per il Senato (Rizzo-Stella).

• In molte città si festeggia per le strade, come già è successo il 14, giorno del compleanno del re. A Roma però ci sono ancora i francesi e lo Stato pontificio, a Venezia gli austriaci.

• “Ma, per quanto oggi possa stupire, la solennità oggi non è accompagnata a Torino da particolari altre cerimonie. L’apoteosi di Re Vittorio Emanuele II si è già celebrata il 18 febbraio. Il sovrano stesso non è in città. La giornata è serena. A mezzogiorno la temperatura supera i 12 gradi. Il Re vuole stare tranquillo. Da 24 ore è al Castello di Pollenzo. Cavour è impegnato con le lamentele che gli giungono da Napoli: grane politiche e richieste di denaro. Per di più Garibaldi è arrabbiato con lui, perché ha sciolto l’esercito garibaldino (vedi 1° febbraio). Da Caprera, dove si è isolato, il generale lancia parole dure: “Re Vittorio Emanuele II è circondato da gente senza cuore, senza patriottismo, da uomini che hanno creato un dualismo fra l’esercito regolare e i volontari, sebbene gli uni e gli altri si siano battuti da prodi, mirando allo stesso scopo. Questi indegni hanno seminato discordie ed odio”. Mazzini è a Londra in esilio. Invano Giuseppe Verdi tenta d’intercedere per lui, affinché possa rientrare in patria. Mentre Massimo d’Azeglio cerca di preparare i torinesi a un domani che potrebbero non gradire: “Siamo persuasi - scrive - che riunita l’Italia in un solo stato, il Governo probabilmente non avrebbe più la sua sede a Torino”. “L’Italia è fatta” proclama il quotidiano la Gazzetta del Popolo, ardente paladino del Risorgimento. Ma poi, come Nino Bixio, aggiunge: “Chi non ne è contento si rassegni”. Non è certo felice Francesco II, lo spodestato Re di Napoli, rifugiatosi alla corte del Papa Pio IX. Quel giorno il cardinale Barberini cerca di consolarlo: “Speriamo che Vostra Maestà si trattenga da noi a lungo”. Francesco II risponde sarcastico: “Eminenza, se arrivano i Piemontesi, da Roma partiremo insieme”» (Maurizio Lupo, La Stampa 17/3/2011).
Preparazione della festa per la proclamazione del Re a Napoli (Il Mondo Illustrato)