Gianluca Roselli, il Fatto Quotidiano 10/1/2016, 10 gennaio 2016
UN GIORNALISTA IN DISCESA DA TANGENTOPOLI A B. FINO ALL’ESILIO (DI LUSSO). LA CARRIERA - DAL CORRIERE A REPUBBLICA, MA SEMPRE DA PARIGI. POI L’INCARICO A VIALE MAZZINI
[Ritratto di Francesco Merlo]
C’è anche un licenziamento nella storia professionale di Francesco Merlo, la firma di Repubblica “vittima di stalking corporativo” che, davanti alle telecamere di Lucia Annunziata, domenica ha scatenato l’ira di un bel pezzo di Rai. Siamo all’inizio degli anni Ottanta e il trentenne Merlo (classe 1951) approda a Milano nella redazione del Mondo diretto da Mario Pendinelli, da dove però è costretto ad andarsene per un articolo, durante il periodo di prova, considerato troppo “di sinistra”. A quel punto trova rifugio alla Domenica del Corriere, per poi arrivare al Corriere della Sera nell’ultima fase della direzione di Piero Ostellino, alla redazione politica. E qui pian piano si compie una sorta di miracolo a Milano: diventare un giornalista anti-casta facendo parte della casta suprema del giornalismo italiano.
Intendiamoci, Francesco Merlo è bravo, dotato di quella bella scrittura tipica di certi cronisti siciliani che si sono formati sulle pagine di Tomasi di Lampedusa, Sciascia e De Roberto. La sua vita professionale, però, è stata dorata e in discesa: il suo primo giornale è la Sicilia di Catania di Ciancio Sanfilippo, quotidiano di cui il padre è direttore amministrativo. Un ingresso sul velluto.
A Milano si fa apprezzare anche da Ugo Stille, che lo manda a Roma a seguire il Palazzo. Ma è con Paolo Mieli che fa il grande balzo e, insieme a Pigi Battista e Gian Antonio Stella, diventa uno dei suoi uomini di punta. Sono gli anni di Tangentopoli e i primi di Berlusconi: c’è da raccontare, è un periodo che fa la fortuna giornalistica di molte firme e Merlo è tra queste. A un certo punto, però, succede qualcosa e qui le versioni divergono: c’è chi racconta che sia stato lui a chiedere di andare a Parigi; secondo altri, invece, è vittima dell’ira di Berlusconi che si arrabbia per un suo articolo e ne chiede la testa a Cesare Romiti. Ma tant’è: Merlo si trasferisce nella capitale francese con megastipendio e appartamento a carico del giornale, pur continuando a scrivere di politica italiana.
È l’unico giornalista con appartamento pagato a Parigi senza essere corrispondente da Parigi. Benefit extralusso da grandi firme degli anni ‘60 e ‘70, che riesce a farsi confermare anche da Repubblica: il passaggio avviene nel 2003, chiamato da Ezio Mauro, dopo che, raccontano le malelingue, Merlo aveva sperato nella direzione del Corriere, dove invece arrivò Stefano Folli. Non è quella la sola direzione sfiorata. Un paio di anni dopo, nel 2005, sembrava fatta per La Stampa, ma a mettersi di traverso fu il banchiere Enrico Salza, all’epoca al San Paolo di Torino. Diventa direttore Giulio Anselmi.
Nulla di cui preoccuparsi, Merlo resta a Repubblica e, sempre da Parigi, continua a menare eleganti fendenti contro il Cavaliere e il malcostume italico. Sposato con un’inglese, tre figli e nipote d’arte (Salvatore Merlo, figlio di suo fratello, è un giornalista del Foglio), nel 2009 rientra nel piano dei prepensionamenti di Repubblica e la pacchia finisce (si fa per dire): rinuncia all’esilio, ma il mega contratto di collaborazione gli consente di vivere bene anche a Roma. E nell’aprile scorso, dopo fiumi d’inchiostro contro la Rai e i suoi stipendifici, sbarca a Viale Mazzini come vice di Carlo Verdelli per rivoltarla. “Mettere a punto la strategia dell’offerta informativa Rai e fare da supporto al direttore editoriale (Verdelli, ndr)” è la sua mission, a fronte di 240 mila euro, pur continuando a scrivere per Repubblica. Ma dopo sei mesi, a inizio dicembre, se ne va sbattendo la porta: “Il nostro progetto è stato sabotato. Cambiare la Rai è impossibile”.
Gianluca Roselli, il Fatto Quotidiano 10/1/2016