Giangavino Sulas, Oggi 15/12/2016, 15 dicembre 2016
IO HO VISTO RAPIRE YARA! MA NON MI HANNO CREDUTO
IO HO VISTO RAPIRE YARA! MA NON MI HANNO CREDUTO–
Bergamo, dicembre
È passato tanto tempo ma quando ripenso a quella sera mi viene ancora la pelle d’oca. E il dubbio mi divora. Sarà un rimorso che mi tormenterà per il resto della vita. Quell’uomo, alto e atletico, che ho visto sollevare, stringendola a sé, una ragazza vestita con un giubbetto scuro poteva essere l’aggressore di Yara. E io invece ho pensato a due fidanzati che litigavano. C’è stato un urlo che mi ha fatto voltare. Era una voce femminile. Mi sembra abbia urlato “aiuto”. E subito dopo ho udito una voce maschile: “Stai zitta”». Sei anni dopo la morte di Yara, Mario Torraco, 68 anni, guardia giurata in pensione, non vive più a Brembate, dove abitava quando scomparve la ragazzina. È tornato a Francofonte (Siracusa), dove è nato, ma il pensiero di quello che ha visto non lo abbandona. «Più ci penso più sono sicuro di aver assistito al rapimento di Yara. Ma chi mi ha interrogato anziché aiutarmi mi ha insinuato dei dubbi. “Se non hai visto due uomini che cambiavano la gomma di un’auto vicino alla casa di Yara, fai confusione con un’altra sera”, mi hanno detto. E mi hanno considerato inattendibile. Invece, quello che secondo loro avrei dovuto vedere non compare neanche nel video della telecamera della banca. Avevo ragione io».
Già i carabinieri del Ros avevano contestato quel particolare a Eugenio Burini, il proprietario dell’auto che aveva raccontato di aver chiamato quella sera, poco prima delle 19, il genero per cambiare la gomma forata davanti a casa, a due passi dalla villetta di Yara. La telecamera della banca infatti non aveva inquadrato nessuno che lavorava attorno a un’auto ma solo due persone che attraversavano via Rampinelli. A questa contestazione Eugenio Burini aveva risposto che forse l’auto non era in strada ma in garage.
ESCLUSO DAL PROCESSO
Per settimane Mario Torraco fu considerato un supertestimone, poi è finito fra i “reperti” inutili tanto che al processo, malgrado la difesa di Bossetti
lo avesse incluso nella lista dei testimoni, il suo nome fu depennato dalla Corte. Come Marina Abeni che nello stesso punto (incrocio via Ravasio-via Rampinelli) e alla stessa ora disse di aver incontrato due uomini dall’aspetto sinistro. Come Enrico Tironi che rivelò di aver visto Yara ferma a parlare con due giovani accanto a una Citroen rossa ammaccata. E come la colf che usciva dal lavoro e, ferma allo stop di via Morlotti, notò due uomini ai lati della strada su due auto, una bianca e una rossa. Nessuno è comparso al processo. Tutti inattendibili?
NEL VERBALE FORNISCE MOLTI DETTAGLI
Mario Torraco lo abbiamo cercato e rintracciato dopo che dalle 60 mila pagine dell’enorme fascicolo sull’omicidio di Yara è emersa la sua ultima Sit (Sommarie informazioni testimoniali), resa il 24 dicembre 2010. Dopo averlo interrogato più volte, la Polizia lo invita a raccontare ancora quel che ha visto e sentito la sera del 26 novembre. È molto più di un racconto lucido e preciso: sembra di vedere il film di quella sera, tanto che gli stessi agenti sottolineano nel verbale come Torraco «ha riferito particolari che erano stati sottaciuti, manifestando una sopravvenuta capacità di ricordo degli eventi».
Nel verbale Torraco dichiara: «La sera del 26 novembre 2010, alle 18.30 sono uscito di casa, in via don Gotti, con il mio cagnolino. Raggiunta via Sorte la percorrevo fino a via Rampinelli lungo la quale mi dirigevo verso via Morlotti. Superavo di una decina di metri la traversa nella quale abitava Yara e mi sono fermato davanti a una casa abbandonata perché c’erano dei gattini ai quali portavo da mangiare. In quel momento udivo un urlo, probabilmente di una ragazza per il timbro della voce. Subito dopo delle parole pronunciate con un tono alto ma con un timbro di voce tipicamente maschile. Voltatomi in quella direzione scorgevo, a una distanza di circa 100 metri, all’incrocio fra via Rampinelli e via Ravasio, un uomo che aveva sollevato da terra, dopo averla cinta con le braccia, un’altra persona di statura più piccola. Riferisco che lo sconosciuto aveva sollevato l’altra persona in quanto io vedevo solo due piedi toccare in terra mentre gli altri due li vedevo fluttuare in aria come nel tentativo di divincolarsi dalla presa. La prima impressione fu quella di due fidanzati che giocavano ma avendo subito dopo udito, ad alta voce, “Stai zitta”, ho pensato che stessero litigando, tanto che ho pensato: “Ma proprio in mezzo alla strada”. Mi distolse il cane tirando il guinzaglio. Quando tornai a guardare verso via Morlotti i due erano spariti. Incuriosito sono rimasto fermo per alcuni minuti per capire cosa accadeva. Ma non li ho più visti e in via Rampinelli, dove ero io, non è transitata alcuna macchina. Le due persone erano entrambe vestite di scuro. Sono sicuro che una fosse una donna per il timbro della voce e perché vedevo dietro la sua testa qualcosa muoversi, credo fossero dei capelli lunghi. Indossava un giubbino corto di quelli che arrivano fino alla cintola. Sono sicuro di essere uscito di casa alle 18.30 perché avevo visto l’inizio del telegiornale di Studio Aperto. E sono sicuro di essere rientrato dopo le 19 perché era già iniziato il Tg4 che sono solito vedere... Non ho altro da aggiungere o modificare a quanto dichiarato se non che, con il passare dei giorni, sono sempre più convinto di aver assistito a un momento del rapimento di Yara e mi rammarico di non aver visto altri particolari».
«CONOSCEVO BOSSETTI, NON MI SEMBRAVA LUI»
Chiediamo a Torraco: quell’uomo poteva essere Massimo Bossetti? «Era buio, pioveva e nevicava ma non mi è sembrato lui perché Bossetti lo conoscevo. Lo incrociavo in via don Gotti quando andava a fare le lampade. Una volta ci siamo fermati a parlare e lui mi disse che aveva un cane come il mio. Io ho un altro dubbio atroce, che abbiano condannato un innocente».
Giangavino Sulas