Lavinia Capritti, Oggi 8/12/2016, 8 dicembre 2016
«HO QUATTRO STELLE ANCHE IN FAMIGLIA»– [Enrico Bartolini] Milano, dicembre Trecentossessantadue giorni all’anno di lavoro, 4 ristoranti, 4 stelle Michelin, tre figli, una moglie paziente, 3 collaborazioni internazionali (Abu Dhabi, Dubai, Hong Kong), una (molto lontana) vecchiaia da contadino a coltivare carciofi
«HO QUATTRO STELLE ANCHE IN FAMIGLIA»– [Enrico Bartolini] Milano, dicembre Trecentossessantadue giorni all’anno di lavoro, 4 ristoranti, 4 stelle Michelin, tre figli, una moglie paziente, 3 collaborazioni internazionali (Abu Dhabi, Dubai, Hong Kong), una (molto lontana) vecchiaia da contadino a coltivare carciofi. Lui è Enrico Bartolini, lo chef dei record per le quattro stelle Michelin 2017, ottenute tutte insieme per tre ristoranti. Bartolini è vestito da chef. Impeccabile nell’abbigliamento di un candore assoluto, la camicia di piqué con collo alla coreana, i polsini predisposti per i gemelli che però non indossa, bottoni di madreperla made in England. Le leggo le definizioni che usano per lei: goleador, enfant prodige, collezionista di stelle, il talentuoso, cuoco geniale, nel gotha degli chef. Dica la verità: si sente gasatissimo... «Ma no! Sono solo molto orgoglioso». Trova tutta questa energia nella sua grande famiglia? «Mia moglie e i miei figli subiscono piuttosto le mie pressioni lavorative. Io vivo a Milano, loro abitano a Bergamo e non è semplice». Nessun momento di debolezza? «Non nel senso che intende lei: ho iniziato a 13 anni e non ho mai avuto dubbi, il mio attaccamento al lavoro è fortissimo. Ho pensato di cambiare posto di lavoro, questo sì: a 19 anni ero a Parigi, la capitale dei cuochi, ma avevo poche risorse e pochi amici. Mi facevo molte domande e le imprecisioni mi mettevano insicurezza». Le imprecisioni? «Sì, come il disordine o vestire male. Le regole mi danno molta serenità». Lei è molto elegante: le imprecisioni le danno proprio fastidio. «Sto migliorando, grazie. Un tempo ero capace di indossare le scarpe blu con i pantaloni neri, oggi non più. E sono un fanatico delle calzature: la mia famiglia faceva scarpe». Quindi lei è cresciuto annusando cuoio invece che burro. «Direi di sì, ma al paese c’era la crisi e mio padre mi suggerì di non continuare il lavoro di famiglia. Così sono andato a lavorare nella trattoria pistoiese di mio zio, ho iniziato in questo modo». Crede che sia stata la sua bravura a sedurre sua moglie? «Un po’, anche perché è appassionata di cucina. Poco dopo che ceravamo conosciuti ordinò in un ristorante un’animella di vitello, ricordo che mi aveva molto colpito la richiesta. Lei tutta magrolina, biondina, perfetta per un piatto di gamberetti, era alle prese con una fragaglia». E io che stavo giusto chiedendo se sua moglie fosse curvy, dato che ama la cucina e un cuoco 4 stelle... «...pesa ancora 49 chili scarsi dopo tre figli». Non ha mai pensato a un menu per noi comuni mortali? «Questo è un argomento che mi sta a cuore. La cucina di qualità costa, un gioiello di plastica può essere bello, ma non sarà mai come un gioiello con pietre preziose, un abito di seta o di broccato non costerà mai come uno sintetico. L’avere ottenuto le quattro stelle mi ha permesso di osare. Prima mi domandavo se non apparissi un cuoco troppo esoso. Ora sono i clienti che chiedono piatti speciali». Ha appena ottenuto le quattro stelle, ha altri sogni o li ha inessi nel cassetto? «Vorrei consolidare quello che ho, magari aprire un nuovo ristorante, ma non punto a diventare un magnate della ristorazione». Quindi rallenterà i ritmi di lavoro... «Alle sette suona la sveglia, la sera vado a letto alle due. Vedo la mia famiglia qualche ora la domenica o quando mi viene a trovare. Lo so, potrei sembrare un mostro, ma loro sanno che io sono un cuoco» (dà molta enfasi alla parola «cuoco»). Si interrompe: sul cellulare gli arriva un video con i primi passi della figlia piccola, Vittoria. E io non esisto più. Lui rimane lì, concentrato, a guardare l’equilibrio delicato della sua bambina mentre cammina. Lavinia Capritti