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 2016  dicembre 07 Mercoledì calendario

ED, CENTOSEDICIVOLTE PAPA’

Ogni anno, per Natale, Ed Houben scrive centoquindici biglietti di auguri, li imbusta e, con il passo lento della cerimonia, cammina sotto la neve fino all’ufficio postale del suo quartiere, nella periferia di Maastricht, in Olanda. «Quanti in più quest’anno?», chiede sempre l’anziana impiegata da dietro al vetro, mentre smista quella corrispondenza tra un sorriso e le parole gentili dei giorni vicini alla festa. Rientrato a casa, Ed prende ancora un biglietto di auguri, si siede sul divano e inizia a scrivere di nuovo. Parole piene d’affetto che però non spedirà mai, perché non sa se nella sua vita l’amore gli darà un’altra possibilità, o se invece sia finita così, come una partita neppure giocata.
A dire il vero, Ed con l’amore aveva deciso di chiudere nel momento stesso in cui lo aveva incontrato, il 15 aprile del 1994, appena compiuti sedici anni.
«Quella sera andai a letto con una mia compagna di scuola, e la mattina dopo lei disse a tutti che era stato pessimo», racconta, seduto tra la penombra e il disordine del suo bilocale. «Io, che non ho mai conosciuto neppure le carezze dei miei genitori, pensai che nella vita l’amore è come la fortuna: o ce l’hai o non ce l’hai». Per dieci anni Ed non si avvicinò più a una donna e costruì la sua esistenza su una meticolosa quotidianità fatta di sguardi fugaci, scambiati ogni mattina in bicicletta tra i viali che lo portavano al centro. Apriva l’ufficio turistico nel quale lavorava, e tra i consigli per un buon ristorante e i tour nella città sotterranea arrivava a sera, quando la nebbia lo riaccompagnava a casa, sempre alla stessa ora e giusto in tempo per il Tg delle sette. È stato così ogni giorno che Dio ha mandato in terra, fino alla sera in cui, fermo a un semaforo, lesse la pubblicità di un laboratorio di analisi: «Tu puoi dare la vita», diceva, invitando gli uomini a donare il seme. «Pensai per molto tempo a quella possibilità che forse avrebbe potuto darmi uno scopo nella vita». Nei suoi pensieri, però, quella pratica anonima risvegliava un dolore personale, nato dal fatto di non aver mai conosciuto il padre. Ed non voleva che altri come lui passassero la vita a domandarsi da dove fossero arrivati, o da chi avessero ereditato quel tratto del corpo o del carattere. Così decise che, oltre al seme, avrebbe messo a disposizione anche il corpo e la paternità. Iniziò con un annuncio su Internet nel 2005 e, pochi giorni dopo, aveva già la sua prima richiesta: Valentina, una donna della brughiera lussemburghese che cercava un figlio ma non un marito. Si incontrarono un paio di volte, e senza imbarazzo né passione Ed regalò il suo primo figlio. Nei dieci anni successivi ha risposto a mille richieste, entrando nei letti di donne d’affari, mogli e lesbiche, dal Brasile a Hong Kong e, a quante più ha potuto, ha regalato un bambino e la certezza di un padre che non sarebbe scappato. Arrivava con il suo bagaglio a mano nel momento più fertile, metteva su un disco di musica classica, sgranocchiava qualche nocciolina ricoperta di miele e faceva il suo lavoro proteggendosi da ogni emozione, senza porsi il problema dell’amore. «Non ho mai chiesto soldi in cambio, perché non c’è denaro che possa comprare la vita. Ho solo voluto mettere al mondo bambini felici», racconta oggi che di figli ne ha centosedici, ed è pronto a conoscerli tutti se lo desiderano. Ma giocando con il fuoco ci si scotta, e l’amore dal quale Ed scappava è venuto a bussargli alla porta di casa. Minuta nel fisico e graziosa nei modi, Irena, una giovane praghese, gli aveva scritto alcune settimane prima. Con suo marito avevano avuto un bambino, ma poco prima della nascita un’infezione se l’era portato via. «È stato troppo difficile, non voglio più un figlio», le aveva detto il marito dopo quella vicenda, e così Irena, fingendo di rivolgersi a una clinica belga per l’inseminazione in vitro, aveva chiesto a Ed Houben di ospitarla per qualche giorno, nel momento migliore del suo essere donna. Era già successo che le donne gli chiedessero di vedersi a casa sua e, anche quella volta, Ed aveva sistemato il letto per gli ospiti e aveva aperto a Irena la porta di casa. «È successo lentamente, come quando ci si addormenta. All’improvviso i baci e le carezze. E io facevo l’amore». Ed aveva visto cadere ogni barriera. A 37 anni, aveva scoperto le farfalle nello stomaco. In quell’amore, inatteso come ogni cosa bella della vita, si era sentito di nuovo bambino. La vita sembrava dargli una seconda possibilità. Nelle loro passeggiate mano nella mano, lui rinasceva, e insieme si perdevano nei complici sorrisi. Irena ripartì una sera dopo cena, con una figlia in grembo e la promessa che si sarebbero rivisti. «Ci sentivamo al telefono appena potevamo, ci davamo appuntamento sui laghi della Sassonia per il fine settimana. Lei mi parlava della gravidanza e fantasticava sul futuro, io per la prima volta provavo vergogna a raccontare delle donne a cui continuavo a regalare un sogno», spiega, cercando ancora di capire quale fu il suo errore. Per nove mesi furono amanti clandestini, fino all’agosto del 2015, quando nacque il frutto del loro primo incontro. «È una femmina, si chiama Kamila». Non una parola di più in quel messaggino che Ed ancora conserva sul cellulare. Da lì in poi, ogni sua chiamata è stata vana, come la visita alla pasticceria dove Irena lavorava. Ripercorrendo i passi dei loro giorni felici, Ed cercava un dettaglio, una pista, un perché. Irena era sparita nel nulla, e con lei i sogni di una nuova vita. Aveva capito da molto tempo che l’amore poteva ferire, ma non immaginava l’infelicità che gli sarebbe toccata quando i baci appena conosciuti gli fossero stati negati. Nei suoi pensieri tra il ricordo e la malinconia, Ed ringraziò comunque il cielo per avergli regalato nove mesi di vita, e arrivò a difendere anche la scelta di Irena, perché non sempre tra la realtà delle cose e le nostre fantasie c’è quello che è possibile fare. «A volte», conclude, bevendo un caffè ormai freddo, «la vita ti mette davanti alla sua semplicità e non lascia scelta. Per la stessa ragione io non posso più ignorare l’amore, e posso solo aspettare che Kamila un giorno chieda chi è suo padre». Quel giorno, Ed sarà pronto a tornare a Praga. Porterà con sé i pensieri di una vita, e gli auguri di molti Natali.