Alessandra Gavazzi, Gente 13/12/2016, 13 dicembre 2016
MANDO KO UOMINI E DONNE
[Roberta Bruzzone]
Lo sguardo è allegro. Il sorriso racconta di cose belle, di soddisfazioni, di traguardi raggiunti e di sogni ancora da inseguire. Con determinazione, ma anche con tranquillità. E quando si infila i guantoni da boxe e scavalca le corde del ring capisci davvero quanto sia tosta e grintosa Roberta Bruzzone: con lei non c’è troppo da scherzare. «Io non mollo mai. Su niente. Che sia lavoro o vita privata mi alzo in piedi e combatto», racconta in una pausa dell’allenamento serrato che sta seguendo nella palestra romana nella quale l’abbiamo raggiunta.
Criminologa, psicologa, perito di parte in innumerevoli casi di cronaca nera degli ultimi anni, è appena stata insignita del premio Minerva. È il primo riconocimento italiano dedicato alle donne che può vantare l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica. La “sua” categoria è quella professionale. Una medaglia al merito per un lavoro che fa a tempo più che pieno da quasi vent’anni. Ne sarà orgogliosa... «Molto anche perché nella motivazione si fa riferimento al mio impegno per donne e bambini violati che difendo anche con Caramella Buona Onlus, della quale sono vicepresidente e direttore scientifico».
E, a proposito di donne uccise, nella sua storia recente ci sono due casi da prima pagina. Come perito della procura di Arezzo, la Bruzzone ha infatti lavorato sulla scomparsa di Guerrina Piscaglia, svanita da Cà Raffaello il 1° maggio 2014. «Un omicidio a tutti gli effetti anche in assenza del corpo», spiega la Bruzzone, «tanto che è arrivata in primo grado la condanna a 27 anni per padre Gratien Alabi. Gli elementi raccolti contro di lui del resto parlavano chiarissimo ed è una sentenza destinata a fare giurisprudenza». La criminologa è anche consulente della famiglia di Trifone Ragone, il militare freddato a colpi di pistola insieme con la fidanzata Teresa Costanza nel parcheggio di una palestra a Pordenone il 17 marzo 2015. Per quel duplice delitto è a processo un commilitone di Trifone, Giosuè Ruotolo. «Un’inchiesta mostruosa, enorme, approfonditissima, dove si è analizzato ogni aspetto».
Il lavoro, dunque, procede a ritmi serrati. Ma non è l’unico obiettivo di questa donna impegnata per le donne. E così, tra una trazione e un sollevamento pesi, una serie di saltelli alla Rocky Balboa e un affondo sul sacco da pugilato, emerge un ritratto più privato. Ecco spuntare il nome di Massimo Marino, il futuro marito con cui condivide, tra le altre cose,
la passione per le arti marziali e persino il preparatore atletico, Valerio De Petrillo, che vedete in queste pagine. «Io e Massimo ci sposiamo il prossimo 30 giugno», annuncia la criminologa. Il loro amore per ora è una storia forzatamente a distanza. «Lui è un funzionario di polizia ed è a Kabul in missione. Ci raggiungiamo a Dubai non appena riesce ad avere un weekend di riposo, ora rientrerà in Italia per Natale e non vedo l’ora». La fine della missione è prevista per maggio. Poi finalmente le nozze. «Stiamo insieme da due anni e vorremmo una cerimonia di nozze semplice in riva al mare, vicino a Roma. Una scelta per non attirare troppo l’attenzione».
Un’attenzione che la Bruzzone, volente o nolente, catalizza comunque. Basta dare un’occhiata ai suoi profili social. C’è chi la ama incondizionatamente e chi, altrettanto appassionatamente, la detesta. E glielo fa sapere. Fan del suo lavoro, appassionati di cronaca nera, esegeti delle sue apparizioni in Tv e, al contempo, detrattori spietati e tifosi da derby ne hanno fatto anche un’icona del mondo virtuale. Tra loro però c’è una categoria a sorpresa. Quella degli ammiratori. E delle ammiratrici. «Tra email e messaggi privati su Facebook, ricevo circa 150 missive al giorno. Molte sono richieste di aiuto di persone vittime di violenza che non osano andare a sporgere denuncia». Ma c’è dell’altro. «Alcuni di questi messaggi, una ventina, sono di signore che, come dire, mi fanno delle avances. Si tratta di complimenti eleganti, anche di delicati corteggiamenti. Altri ancora contengono esplicite richieste. E descrizioni di sogni intimi dei quali sono la protagonista». Con un ventaglio di coloriture anche marcate. «C’è quella che mi invita a cena, l’altra in un resort o alle terme. Per non parlare di quella volta che in studio mi arrivò un mazzo di rose rosse firmato solo con un nome femminile. Non ho mai capito chi fosse». Lusingata? «Più che altro incuriosita. Con Massimo ci ridiamo. Non mi reputo una donna dalla femminilità provocante, forse alle donne piace il mio essere maschile. Il mio mostrare le curve del cervello, piuttosto che quelle del corpo». Nel frattempo, assesta un destro deciso al sacco. Chi siamo noi per darle torto?
Alessandra Gavazzi