Stefano Ferrio, il venerdì di Repubblica 9/12/2016, 9 dicembre 2016
TUTTI IN STRADA, LA SFIDA È PARTITA
VICENZA. È come se, sotto il diluvio di questa sera di tardo autunno, risuonasse un tamtam che richiama ragazzi bardati da giocatori di calcio, con maglie colorate e nomi partoriti dalla più goliardica fantasia: Musicisti & Poeti, Telescopi, Poracci, Fottimadri, Coinquilini, Il Padre e il Figlio. Fra tanti ventenni c’è posto anche per qualche “over”, come l’agente immobiliare Fabio Dalla Riva, con trascorsi in Serie D, e il commercialista Antonio De Franco, cinquantaseienne ancora pronto alla fuga sulla fascia.
Alla fine si ritrovano in più di cento nell’impianto polisportivo del quartiere dormitorio dei Pomari, periferia ovest di Vicenza, ad ascoltare in silenzio Andrea Chirico, 28 anni, brindisino di Francavilla Fontana, barista per 330 giorni l’anno e calciatore per gli altri 35: «Benvenuti a Fiffa Inda Street, torneo di football da strada che io e i miei amici, venuti quassù dalla campagna pugliese, abbiamo inventato nel 2012. Da allora, dato che la nostra idea di calcio è piaciuta anche altrove, abbiamo iniziato a portarla in giro per l’Italia e, come vedete, non abbiamo ancora smesso. Ora vi spiego le poche e semplici regole».
Chi partecipa al torneo va in tournée a 20 anni senza bisogno di essere una superstar: smette per qualche giorno di fare il cameriere, l’operaio o il disoccupato e gira la penisola giocando a calcio di strada assieme ad altri ragazzi uniti dalla stessa, smisurata passione. Fiffa Inda Street in anglo-pugliese significa “paura sulla strada”. I suoi giovani inventori dal 2012 a oggi hanno organizzato questo torneo itinerante 64 volte in diversi paesi e città d’Italia, con un recente debutto anche all’estero. Ovunque conquistando nuovi adepti per un gioco che, come suggerisce il nome, tramuta in partite reali quelle virtuali di Fifa Street, il videogame dove ci si sfida a calcio in vicoli e palestre di futuribili metropoli.
A Vicenza tocca ospitare la sessantaquattresima, bagnatissima, edizione, l’ultima del 2016, a conclusione di un tour che nei giorni precedenti ha toccato Bologna, Torino, Milano e Monaco di Baviera. In tutto fanno tremila chilometri che una ventina di giovanotti di Francavilla hanno percorso a bordo di tre camper, autofinanziandosi un viaggio in cui, a ogni tappa, chiedono solo il posto dove fare una doccia calda dopo le partite.
Come il barista-difensore Andrea Chirico spiega ai giocatori vicentini, la formula del torneo, studiata per fazzoletti di cemento più piccoli di un campo da basket, è semplice: dai gironi di qualificazione, in cui sono divise le 22 squadre iscritte, fino alla finalissima, si giocano partite di dieci minuti tre contro tre. L’obiettivo è fare gol dentro mini-porte alte quaranta centimetri e larghe cinquanta, ricorrendo a tutti i virtuosismi e con l’aiuto dei colpi di fortuna tipici del calcio giocato in una qualsiasi piazza, parcheggio o cortile condominiale del mondo. L’iscrizione è gratuita, non c’è portiere, è ammessa una sola riserva e, se si pareggia, si gioca un supplementare da un minuto in due contro due, e poi eventualmente un altro uno contro uno, stile «partita in camera da letto quando la mamma è a fare la spesa». Se anche questo non serve, si procede alla lotteria dei rigori, battuti da centrocampo verso la porta sguarnita abusando di tocchi di suola o di piatto, che qui ai Pomari partoriscono tiri così lenti che potrebbero probabilmente essere deviati verso il palo o la rete dalle urla di chi tifa a favore o contro.
«È così da quattro anni, e nessuno di noi ha voglia di chiedersi per quanto potranno ancora durare emozioni così belle» dice il cameriere-centrocampista Massimiliano Chirico, fratello minore di Andrea che, nel mucchio, sta arringando anche i giocatori del team Tac, acronimo che sta per “Tirando a Campari”. «È iniziato tutto in un giorno di marzo dell’anno della mia maturità all’alberghiero» dice Massimiliano. «È dura essere ragazzi in un paesone di quasi 40 mila abitanti come Francavilla, dove dei giovani sembra non fregare niente a nessuno. Io e i miei soliti amici, siamo in strada più malinconici del solito, quando mio fratello Andrea a un certo punto non ne può più di vederci così, va all’oratorio del Carmine a prendere due mini-porte da calcio e ce le mette davanti, invitandoci a fare un torneo con le regole che dice lui, prese più o meno dal videogame con cui continuavamo a sfidarci».
Quel primo Fiffa, inventato sull’asfalto del quartiere 167, e aperto a quattro squadre, non avrà mai un vincitore, «perché» spiega Massimiliano «a Francavilla Fontana non sono previsti ragazzi che giocano in strada, per cui, chiamati dai soliti guastafeste, arrivano puntualmente i carabinieri a farci smettere». Ma il dado ormai è tratto e, oltre ai calciatori, Andrea Chirico convoca sul campo anche l’amico fotografo Daniele Argentiero, autore di un servizio postato su Facebook. E, miracolo del social network, da quel momento si innesca una spirale che produce una giostra ininterrotta di contatti, inviti, adesioni al progetto.
Nel giro di pochi mesi, la compagnia di Fiffa Inda Street inizia a esportare gratuitamente il proprio format, accolta sempre con entusiasmo. Che le squadre siano dieci o settanta, si consuma tutto in una sera, anche a costo di fare l’alba. A Vicenza è immediato il feeling con un’accademia di calcio popolare battezzata Attacchi di Pane, presieduta da Giovanni Diamanti (figlio del sociologo Ilvo), che viene inserito nella squadra Istituzioni insieme al pugliese Massimiliano Chirico e a Francesco “Frengo” Lavinato, detto l’Hagi di Costabissara per le punizioni a foglia morta battute con lo stesso stile di quel dio rumeno del football. «Durante il torneo» racconta Andrea Chirico «a noi di Francavilla piace mescolarci con i ragazzi del posto, che ci accolgono nei modi più vari: a Monaco di Baviera ci guardavano come alieni, a Colonna, un paesino in provincia di Roma, siamo stati ricevuti dal sindaco».
La pioggia che si abbatte sui quattro rettangoli di cemento contigui dove si dribbla di fino e si triangola in simultanea, con continui incroci di palloni fra un campo e l’altro, conferisce un alone pittoresco all’edizione vicentina di Fiffa. Che è da annali, come quella che si disputò sull’immenso sagrato davanti al santuario di Oria, nel Brindisino. Dove, allo scatenarsi di un furibondo nubifragio, si decise all’istante di infliggere lo 0-2 a qualunque squadra avesse abbandonato il campo, senza però tenere conto della fuga degli arbitri. Così le partite in corso avrebbero potuto durare in eterno se un padre, preoccupato per la salute del figlio, non avesse implorato gli organizzatori di interromperle.
Disordini climatici a parte, l’edizione numero 64 “entra nella storia” quando il quarto di finale fra Pachidermi e Cipe M. approda al supplementare uno contro uno che oppone Alberto Dori e Giampietro “Valderrama” Gumiero, più riccioluto ancora del fantasista colombiano. In un minuto di adrenalina segnano due gol a testa, frutto di numeri che fanno scatenare il pubblico. Puro calcio da strada, che poi ai rigori sancisce il successo dei Pachidermi, lanciandoli verso la vittoria finale del torneo, per la gioia dell’operaio salentino Federico Palazzo, al primo alloro in carriera, condiviso con Alberto Dori e suo fratello Andrea, cresciuti a partite dentro casa.
Mentre, a notte fonda, l’assessore comunale allo sport Umberto Nicolai consegna coppe che grondano pioggia a vincitori e vinti, già si pensa all’edizione numero 65 del torneo. L’intenzione è di giocarla a Statte, paese in provincia di Taranto noto per l’inquinamento provocato dall’Ilva, oltre che per fungere da deposito di rifiuti radioattivi. È tutto un divieto a Statte, una sfida irresistibile per quelli di Fiffa Inda Street.
Stefano Ferrio