Alex Saragosa, il venerdì di Repubblica 9/12/2016, 9 dicembre 2016
BERE SABBIA? CHI SI STUPISCE NON CONOSCE IL MOLOCH
Dissetarsi con la sabbia: mai ossimoro fu più estremo di questo. Eppure è quello che fa il Moloch horridus, un rettile lungo una ventina di centimetri diffuso nei deserti australiani, noto finora soprattutto per l’aspetto: una corazza di spine che lo copre dalla testa alla punta della coda e giustifica il suo nome scientifico. Sotto questa vistosa difesa il moloch cela però il suo vero segreto: uno dei sistemi per dissetarsi più ingegnosi mai visti nel mondo animale. Lo ha scoperto un team di naturalisti tedeschi diretti da Philipp Comanns, dell’Università di Aquisgrana, incuriositi dal fatto che il moloch abbia una bocca così specializzata per la cattura delle formiche da non poterla più usare per bere. Hanno così provato a mettere un moloch in una bassa pozza d’acqua, per vedere come se la cavasse. Dopo pochi secondi l’animale, senza chinare la testa nell’acqua, ha cominciato ad aprire e chiudere la bocca freneticamente, fino a che al suo interno sono comparse goccioline d’acqua, misteriosamente risalite dalla pozza fino a lì. Esaminando la sua pelle nel dettaglio, Comanns e colleghi hanno scoperto che il movimento della mascella era in realtà una suzione che faceva risalire l’acqua dalle zampe fino alla testa, attraverso una fitta rete di sottili canali nascosti dalle squame.
Insomma il moloch usa per bere lo stesso fenomeno della capillarità utilizzato dalle piante per spostare la linfa dalle radici alle foglie o, in parole più semplici, fa un po’ come noi quando beviamo una bibita usando una cannuccia. Questo però non spiegava come riuscisse a dissetarsi nel deserto, dove le pozze sono molto rare. «Abbiamo provato a metterlo su della sabbia umida, e in effetti i capillari estraevano l’acqua dalla sabbia, ma non abbastanza da farla arrivare fino alla bocca» dice Comanns. In natura però il moloch non si limita a stare sulla sabbia umida: la scava e poi se la getta sulla schiena. In questo modo, come hanno verificato i ricercatori, la gravità aiuta l’acqua succhiata dalla sabbia attraverso i capillari ad arrivare a destinazione e dissetare il rettile. «Materiali che imitino la pelle del moloch potrebbero servire per estrarre acqua dal sottosuolo dei deserti o anche migliorare la lubrificazione nelle macchine» prevede Comanns.
A parte le “cannucce” il moloch riesce però a sopravvivere nei deserti anche grazie a una caratteristica che condivide con gli altri rettili: quella di farsi bastare pochissimo per vivere. «Gran parte dei rettili non ha bisogno di bere, perché ottiene tutta l’acqua necessaria dalle prede» dice Roberto Sindaco, presidente della Societas Herpetologica Italica, «e alcuni di loro riescono a prosperare persino nei deserti più aridi e desolati». Grazie al loro metabolismo possono infatti digiunare anche per mesi e conservare l’acqua nel corpo, grazie a squame straordinariamente impermeabili. «In alcune aree interne del Sahara le vipere cornute, Cerastes cerastes, per esempio, attaccano gli uccelli migratori quando questi si posano sfiniti su arbusti isolati: una caccia possibile solo due volte l’anno, per poche settimane. Il resto del tempo le vipere lo trascorrono immobili in un rifugio, per lo più senza mangiare e senza bere» conclude Sindaco. «Non sono invece proprio riuscito a capire da che cosa ricavasse cibo e acqua lo Pseudoceramodactylus khobarensis, un geco che vive solo nelle depressioni salate dei deserti arabici: nelle lande infuocate in cui l’ho incontrato non si vedeva neanche un insetto».