Patrizia De Rubertis, Il Fatto Quotidiano 12/12/2016, 12 dicembre 2016
BARATTO E MONETE ALTERNATIVE: IL NUOVO MERCATO DELLA CRISI
Era l’aprile 1990 quando la Pepsi Cola annunciò che in cambio di vodka e una decina di navi avrebbe portato sulla tavola dei russi milioni di bibite gassate. A consentire la più grande operazione commerciale tra una compagnia Usa e l’Urss fu un singolare baratto stimato in 3 miliardi di dollari. Il motivo? Dovevano superare il problema del rublo, non convertibile sul mercato valutario. E per farlo presero spunto proprio dalle società primitive che, per prime, realizzarono l’economia di baratto: un quid pro quo senza l’uso del denaro. Ora, è pur vero che in quell’accordo storico l’economia di sussistenza c’entra ben poco, né conviene tirare in ballo il celebre trattato La ricchezza delle nazioni (1776), scritto da Adam Smith e diventato il punto di riferimento del libero scambio. In linea di principio, però, ai giorni nostri e in tempi di crisi è ormai evidente che sia diventata più di una moda effettuare transazioni senza mettere mano al portafoglio.
Che si tratti di vestiti, mobili, buoni sconto al supermercato e elettrodomestici, ma anche libri e case per le vacanze poco importa. Tutto è possibile barattare grazie al web e ai social network che, in vere agorà digitali, consentono anche di far liberare più a cuor leggero tutti gli oggetti accumulati e inutilizzati. Senza contare le nuove monete virtuali che facilitano gli scambi. Andiamo con in ordine. Su Facebook la ricerca è facile e i passi da seguire sono pochi. Nei moderni bazar presenti sulla rete si scrive ciò che si vuole barattare, si indica città e zona dove è possibile effettuare lo scambio (nel caso in cui la distanza fosse eccessiva è possibile inviare un pacco postale o cercare un’anima buona che si renda disponibile – sempre come forma di baratto – del trasporto gratuito) e si aspetta.
C’è così chi scambia un frullatore per un bauletto dello scooter e chi un rammendo ai pantaloni per una pendrive o un weekend in agriturismo in cambio di ospitalità a Roma. Ci sono solo due divieti: chiedere o offrire denaro e rivendere gli oggetti ricevuti. ZeroRelativo (19mila iscritti e oltre 100mila annunci) è tra le community gratuita più organizzata che consente ai più estremi di vivere quasi gratis. O, comunque, di non spendere soldi e godersi anche i piaceri di una buona serata a tavola. Almeno così la pensa Tiaz di Rimini, molto attivo come barter (vale a dire scambiatore) che scrive: “Se vuoi organizzare una cena con amici e hai bisogno di aiuto posso darti una mano. Pensiamo insieme il menu e vengo a cucinare per te”. Cosa vuole in cambio? Nella sua lista di desideri ci sono una moto, attrezzi per la cucina e obiettivi fotografici. La barter Rebecca di Beinasco (Torino), alla ricerca di una misura pressione da braccio (“Mi raccomando semplice, perché è per mia mamma”) propone invece un accendino da uomo.
Per quanti, invece, sono interessati al baratto asincrono (può essere effettuato con qualunque membro della comunità), c’è il sito Cose in-utili che vanta 6.600 iscritti. Si basa su un sistema di crediti – ad esempio la sola iscrizione ne dà accesso a 30 (1 credito = 1 euro) – che consentono di accumulare bonus quando si cede un oggetto per poi spenderli in un altro momento. Anche in questo caso le spedizioni restano la nota dolente: serve del denaro vero. Perché, alla fine della fiera, il punto resta l’impossibilità di vivere senza moneta.
Eppure c’è chi sta provando a dimostrare il contrario. Che se qualcuno produce beni o servizi con un potenziale mercato, questo è già di per sé un valore, indipendentemente dalla liquidità e prima ancora che si trasformi in denaro. Tant’è che in Italia ci sono una decina di monete complementari (nel mondo sono oltre 5mila), tra cui il più famoso Sardex che sta facendo proseliti anche in altre Regioni (ad esempio Tibex nel Lazio, Linx in Lombardia o Liberex in Emilia). Nata come valuta locale in Sardegna nel 2009 (non è una moneta virtuale tipo Bitcoin e non è un’alternativa all’euro), oggi conta oltre 4mila imprese che hanno generato scambi commerciali per oltre 50 milioni di euro nel 2015. Chiaro l’obiettivo del Sardex: fornire nuova liquidità ai cittadini, spingere i consumi all’interno di una comunità e portare risparmi a chi aderisce, sostenendo di fatto l’economia reale senza passare dalle banche. Evidenti anche gli svantaggi: l’obbligo di dover scambiare beni e servizi soltanto all’interno del circuito, non potendo in alcun modo utilizzare o monetizzare il Sardex al suo esterno.
Poi, sembrerà strano ma l’antico istituto del baratto ha trovato piena legittimità persino in ambito fiscale grazie al decreto Sblocca Italia del 2014. Lo stanno già sperimentando decine di Comuni, tra cui Milano, e consente di partecipare a progetti di utilità sociale per il proprio Comune (manutenzione del verde o la pulizia di una scuola) per ottenere sconti sulle tasse comunali come quella sui rifiuti.