Malcom Pagani, Il Fatto Quotidiano 12/12/2016, 12 dicembre 2016
“I QUIZ CI HANNO SCASSATO ‘O CAZZO”. COSÌ È INIZIATO TUTTO CON ARBORE
[Marisa Laurito]
Non è escluso che alla fine (questo Marisa Laurito non lo racconta) l’animale sia finito in pentola: “Nelle poverissime due stanze con cucina in cui vivevamo, a un certo punto venne ad abitare una gallina. L’attrice con cui dividevo l’appartamento, Marina Confalone, lavorava con Carlo Cecchi e sosteneva di doverla osservare per preparare il suo personaggio. ‘Mi devo muovere come una gallinella, la bestia mi ispirerà’ diceva e la scrutava tutto il giorno imitandone il passo mentre quella lasciava scempi dietro di sé”. La gallina resistette un paio di mesi. La casa romana in Via Flaminia: “Una vera e propria comune in cui per raggiungere le 30.000 lire dell’affitto subaffittavamo senza ritegno e la gente dormiva persino nella vasca da bagno” poco di più.
Marisa Laurito invece è ancora qui, a fare lo stesso mestiere di quasi mezzo secolo fa.
All’epoca si diventava maggiorenni a 21 anni e io firmai il mio primo vero contratto proprio quel giorno, il 19 aprile 1972”. Eduardo De Filippo l’aveva fatta esordire nel 69 in Le bugie con le gambe lunghe. Interpretava la balia. Del ruolo, con gli uomini della sua vita: “Mi sono innamorata tante volte, meno male, significa che ho vissuto” ha fatto sempre a meno. Prima della sua attuale relazione però: “17 anni, un record e ci divertiamo ancora come ieri”, un solo matrimonio con l’ex calciatore di Roma e Lazio, Ciccio Cordova, naufragato in 3 mesi: “Perché lui avrebbe voluto chiudermi in cucina buttando la chiave e io fuggii a gambe levate. A Ciccio voglio bene. È simpatico, spiritoso e intelligente, purtroppo è completamente pazzo”. Nonostante a Sanremo nell’89 avesse intonato un inno in omaggio al babà, e ai piaceri della tavola: La fortuna è fugace, si sa/ l’amor, l’amour/ l’ammore viene e va/ma il maccherone restanon c’è sta niente ‘a fa’ Marisa aveva altri progetti. “Per tirare su due lire caricando delle torte con fragola e crema sul retro della Vespa – dice – infornavo dolci dalla mattina alla sera”. Erano torte buonissime: “In cucina non temo nessuno” che arrivavano a destinazione dopo viaggi biblici: “Io provavo a metterle a rappattumarle un po’, ma i proprietari dei bistrot con velleità artistiche a cui riuscivo a venderle e i ristoratori dei cineclub si lamentavano ‘non potresti portarcele in condizioni migliori?’. Non potevo perché vivevamo di corsa. Sempre all’inseguimento di un palco, di un provino, di un’occasione”. Tutti o quasi emigrati.
Tutti o quasi alla ventura: “Il più ‘ricco’ di noi, insieme a Massimo Ranieri che ci riempiva il frigo di derrate, era Castellitto. Sergio aveva un impiego fisso all’Atac e mi veniva a prendere con una 500. Andavamo al cinema, guardavamo film meravigliosi e tornando a casa fantasticavamo. Sergio era convinto: ‘Sai che mi piacerebbe fare? Diventare come Al Pacino’.
Di notte, in quella Roma, potevi incontrare e cenare con chiunque. La nostra comune, tra un Benigni di passaggio a Roma con Carlo Monni in cerca di un ingaggio e una grigliata naufragata nel fumo denso e nell’arrivo a sirene spiegate dei vigili del fuoco, era animata dal divertimento”. Sul palco, dove in questi giorni canta con Charlie Cannon in Sud and South, un coloratissimo concerto spettacolo in scena alla Sala Umberto di Roma fino al 18 dicembre: “Lo porto in giro da tempo ed è l’antologia di tutto quello che ho amato, ascoltato e interpretato in questi anni dalle radici napoletane al Sudamerica” Marisa Laurito arrivò contro il parere dei suoi genitori. “Non volevano che facessi l’attrice. Papà era un operaio specializzato delle FS, ovviamente comunista impegnato in discussioni infinite con mio fratello che se non era fascista poco ci mancava. Abitavamo nello stesso palazzo in cui il Pci napoletano aveva una delle sue sezioni più importanti e dopo la scuola, fatti i compiti, andavo a insegnare agli operai quello che avevo imparato sui banchi. Che avessi o meno voglia di farlo era ininfluente. Mio padre mi avrebbe obbligata comunque. Ma io andavo contenta. In tv parlavano con disgusto di questa massa indefinita e a me la massa sembrava piena di gente per bene, di volti puliti, di persone educate e dignitose che volevano veramente emanciparsi. “Che vuoi che ne capisca del mondo Maria di Molfetta?” dicevano gli intellettuali di sinistra e lo dicevano con un disprezzo e una puzza sotto il naso perfettamente consequenziali al progetto successivo. Rendere quella massa definitivamente ignorante, marginale, disillusa e distante”.
Se trasformismo deve essere, allora meglio l’arte, il travestimento, i costumi del guitto: “Da bambina provavo abiti, scialli e cappelli degli anni 30 davanti alle grandi specchiere di casa. Appartenevano alle nonne e alle zie, ma quelli era un’epoca in cui non si buttava via niente. Mi scioglievo le trecce e iniziavo a inventare delle storie. Un giorno mi vide mia madre e fu severissima ‘togliti subito questa pettinatura da cocotte’. Fu l’istante esatto in cui decisi di fare l’attrice”. Dopo molto teatro eduardiano, al cinema, Laurito esordì con Vittorio Sindoni. Vennero poi in ordine sparso Steno: “Un grande operatore della commedia dell’arte, dolce e sottovalutato”, Nanni Loy, Sergio Corbucci: “Che lavorava come se la vita fosse un gioco, era vivacissimo e mi diceva sempre: ‘Ti rendi conto che ci pagano per fare quello che ci diverte?’” e persino una partecipazione a un film con gli Squallor, Uccelli D’Italia: “Me lo propose Alfredo Cerruti: ‘Marisa, è semplice e veloce. Sei una casalinga che odia i quiz e telefona in diretta a Raffaella Carrà. Devi dire una sola frase, te la cavi in fretta’.
Non avevo nulla contro Raffaella e non conoscevo la frase, ma i quiz non mi erano mai piaciuti e gli risposi di sì: ‘Lo faccio immediatamente’. La battuta: “I quiz i ci hanno scassato ‘o cazzo” era tipicamente arboriana e non a caso, Cerruti e Laurito furono coinvolti insieme nel pazzo e felicissimo progetto di Quelli della Notte: “Con Renzo siamo sempre stati amici fraterni. Ci vedevamo e non facevamo altro che cazzeggiare. Lui mi raccontava di questo programma proprio mentre stavo per debuttare al Bagaglino come primadonna con Pingitore. Non avrei proprio potuto esserci, ma lui insistette e siccome mi divertivo quasi solo con lui, finii per dargli retta: “Non ti preoccupare – diceva – io parlo con Pingitore, stracciamo il contratto e ci andiamo a divertire come sappiamo noi. ‘Facciamo quest’altra cazzata – mi dissi – tanto nella vita le cazzate si fanno’”.
Il resto è storia della tv recente: “C’erano Luotto, Ferrini e Roberto D’Agostino che cercava nelle notizie lo stesso corto circuito che oggi è l’anima del suo sito. Il programma fu un assoluto miracolo e riuscimmo a creare un’alchimia irripetibile”. Oggi dice Marisa: “C’è la grandezza di Fiorello e un’esperienza passata di improvvisazione straordinaria che come dimostra la sua edicola ha lasciato qualche traccia profonda”. Dopo tanta tv, tra un Fantastico e l’altro, Marisa non ha rimpianti. Dipinge altrove grandi donne che incombono dall’alto “C’è una grande mostra a Torino che ora espone i miei quadri” come al tempo degli sperimentalismi dipingeva telefoni e pareti delle case giovanili senza curarsi delle imperfezioni e guarda al consuntivo con la consapevolezza di chi ha già visto e ha già dato: “Per Caro Bebè, una trasmissione di qualche anno fa che non volevo fare e che i dirigenti Rai di allora promettendomi qualsiasi appoggio mi convinsero a fare comunque per poi cancellarla a una settimana dalla fine, mi venne una miocardite. Da allora, senza litigare perché litigare richiede energie e non serve a niente, mi sono totalmente disamorata. Sono un’appassionata della legge di attrazione. Per fare cose belle bisogna volerlo a ogni costo e io la tv non la voglio più con tutte le forze”. Marisa desidera altro: “Voglio continuare ad essere ammalata di teatro. Impazzire per un feltro consunto, correre dal tappezziere per sostituirlo, fare debiti se è il caso. È una cosa prepotente il teatro e le cose prepotenti non hanno bisogno di troppe spiegazioni”.