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 2016  dicembre 15 Giovedì calendario

“BOMBA MADIA” SULLA CULTURA. TUTTI A CASA, POI SI VEDR


Una bomba burocratica a orologeria sta per scoppiare nel già disastrato ministero per i Beni culturali. Targata “riforma Madia”, essa svuoterebbe il ministero di 2-3.000 fra soprintendenti, funzionari, tecnici, custodi. Sommati ai 3.000 i posti già vacanti nelle pur “magre” piante organiche, quasi un terzo degli addetti ai Poli museali, ai monumenti archeologici, alle Soprintendenze sparirebbe, eliminato. Un disastro immane, anche per il turismo.
In base alle attuali norme – fa sapere la Flp-Bac – chi ha raggiunto i 41 anni di servizio per le donne e i 42 per gli uomini, al compimento dei 65 anni “può” essere messo a riposo anche se ricade nella legge Fornero (che manda in pensione a 67 e più anni). Ma, in assenza di una norma di indirizzo di Dario Franceschini, il ministero sta dando un senso restrittivo alla disposizione e quel “può” diventa un “deve” andare a casa.
Si sa che il 50,3% dei funzionari ha 60 anni e oltre, mentre i trentenni rappresentano meno del 2%. Fra gli archivisti gli ultrasessantenni rappresentano il 66,3 e i bibliotecari il 62,8, ma anche gli storici dell’arte contano il 53,1 di sessantenni. Il tanto sbandierato concorso per 500 nuove assunzioni si riduce pertanto a poco più di una goccia di ricostituente. Tanto più che vengono messi a riposo quanti potrebbero trasferire ai giovani un patrimonio insostituibile di cultura: scientifica, tecnica, gestionale. A Roma poi questo e altri provvedimenti di “riforma” avranno un impatto devastante. Con Veltroni ministro era stata creata la Soprintendenza Archeologica speciale che riuniva tutta la “grande Roma” dell’antichità.
Uno scatolone pieno di competenze e dei cospicui incassi del Colosseo-Palatino, anche se una parte di questi rifluiva verso il Ministero come solidarietà nei confronti di Musei più poveri. Con la riforma Franceschini a uno scatolone pieno si sostituiscono, oplà, quattro scatole vuote: 1) l’area entro le Mura Aureliane, più 12 emergenze monumentali fra cui Gabii, Villa di Livia, ecc. ; 2) Ostia Antica ; 3) i quattro Musei archeologici (Terme di Diocleziano, ex Massimo, Palazzo Altemps, Crypta Balbi) riuniti, assai discutibilmente, sotto una sola direzione; 4) il comprensorio dell’Appia Antica ristretto nei confini del Parco Regionale (essenzialmente naturalistico) mentre i vincoli archeologici sono più estesi.
Non basta. Col grimaldello di un emendamento alla legge di bilancio (rigettato 3-4 volte come “irricevibile”) il Pd ha preteso di poter realizzare un altro “spacchettamento”: quello fondamentale del Colosseo, cioè della fonte strategica di tutti i finanziamenti coi suoi 55-60 milioni di incassi annui, creando, forse, chissà, un nuovo ente autonomo. Che passa i suoi soldi al ministero. Con questa mossa il Collegio Romano ha buttato nel Tevere il documento Stato-Comune col quale si compiva “un atto che resta nel tempo” (Franceschini dixit) facendo nascere “un Consorzio Fori di Roma” che avrebbe riunito Foro Romano (Stato) e Fori Imperiali (Comune). Passati 30 mesi, tramontato Ignazio Marino sindaco (Pd) e sorta Virginia Raggi (M5s), l’atto “storico” è evaporato e nasce un Consorzio Colosseo tutto statale. Torniamo alle scatole vuote. Per esse sono state nominati direttori ad interim funzionari con altri incarichi: Federica Galloni, architetto, direttore generale Architettura e Arte contemporanea ad interim per i quattro Musei archeologici nazionali; Alfonsina Russo, archeologa, già all’Area Metropolitana. vi aggiunge Ostia e Daniela Porro, storica dell’arte, segretario generale per il Lazio, l’Appia.
Cosa succede con gli interim? Di fatto, nulla. Chi lavorava prima con incarichi direttivi sgobba come e peggio di prima sotto quattro dirigenti diversi, deve richiedere quattro pareri e usare quattro carte intestate differenti. Per i dirigenti ad interim non ci sono sedi: quella del Museo Romano si appoggia a Palazzo Altemps; l’altra dell’Appia a Capo di Bove (splendida acquisizione) che però è biblioteca, archivio Cederna, aperti al pubblico. C’è forse una scrivania. È un problema nazionale peraltro: spesso le Soprintendenze sono state cacciate dalle loro sedi storiche, passate ai Poli museali, insieme agli archivi riguardanti storia, beni vincolati, esportazione, catalogo, fototeca, che costituiscono documentazioni essenziali per la tutela. Il tutto condito dalla cronica carenza, o assenza, di quadri amministrativo, gestionali.
Torniamo a Roma: in tutti quei luoghi preziosi il personale sta sparendo coi pensionamenti. E il poco rimasto se ne andrà a casa con la norma citata all’inizio. Sono state avviate in compenso le pratiche per un conto in banca. Inutile perché per ora non ci sono soldi né bilanci. I direttori dovevano sortire da una selezione analoga a quella, molto criticata, adottata per i super-direttori dei 20 Musei “di eccellenza”: dieci candidati per ognuno dei 10 Musei o Parchi. Si è però in grave ritardo e si andrà a gennaio, o a febbraio. Intanto, avanti con gli interim.